La
cultura sia al servizio della pace tra i popoli,
non
della celebrazione del colonialismo
"
Io non ritengo che uno Stato che mantiene un'occupazione, commettendo
giornalmente crimini contro civili, meriti di essere invitato ad una
qualsivoglia settimana culturale. Ciò è anti-culturale;
è un atto barbaro mascherato da cultura in maniera cinica.
Manifesta un sostegno ad Israele, e forse anche alla Francia che
appoggia l'occupazione. Ed io non voglio partecipare.
Cordiali
saluti,
Aharon
Shabtai "
Come editori, piccoli e non, sentiamo doveroso intervenire con un
nostro punto di vista in merito alla polemica scatenatasi attorno
alla prossima Fiera del Libro di Torino, a cui è stato
invitato come paese ospite Israele.
Tale scelta ci sembra motivata non da ragioni di tipo culturale e
dalla volontà di promuovere gli scrittori e la letteratura
israeliani, ma da ragioni di tipo politico che nulla hanno a che
vedere con gli scambi culturali tra i popoli e che rischiano di
ritorcersi contro gli stessi artisti israeliani.
Come è emerso anche dalla stampa, il paese
ospite doveva essere un altro, l’Egitto, a seguito di accordi
sottoscritti e sanciti nei mesi passati; dietro le pressioni degli
organismi diplomatici israeliani, impegnati in tutto il mondo a
organizzare le celebrazioni del sessantesimo anniversario della
fondazione dello Stato di Israele, l’Ente Fiera del Libro ha deciso
di cambiare il paese ospite.
Questa scelta ci sembra francamente inopportuna, dal
momento che finge di non considerare quanto accade sul terreno in
Palestina/Israele. Nello stesso momento in cui sessanta anni fa
nasceva lo Stato di Israele, il popolo che sul quelle terre abitava è
stato scacciato con la violenza e il terrore ed è divenuto
profugo, o costretto a vivere in porzioni sempre minori della terra
originariamente abitata proprio a causa dell’espansionismo nel
neonato stato ebraico. Sessanta anni fa iniziava per i palestinesi la
nakba, la catastrofe, che non ha mai avuto fine. Più di
tre milioni e mezzo di palestinesi vivono tuttora in campi profughi
fuori dalla Palestina, mentre gli abitanti della Palestina vivono in
Territori Occupati, sottoposti a tutte le limitazioni e alle angherie
di una occupazione militare.
Decine sono le risoluzioni ONU che Israele non ha rispettato in
questi sessant’anni.
Lo Stato di Israele non ha nulla da celebrare: sono
forse degni di celebrazione la colonizzazione illegale delle terre
palestinesi, la distruzione delle case e delle terre coltivate, gli
omicidi “mirati”, il sequestro di parlamentari democraticamente
eletti, le punizioni collettive inferte alla popolazione in modo
indiscriminato o la negazione dei più elementari diritti umani
ai palestinesi che vivono a Gaza e in Cisgiordania come l’accesso
all’acqua e la libertà di movimento, ecc.?
Nessuno dovrebbe dimenticare che i comportamenti
adottati da Israele verso gli scrittori palestinesi e la cultura in
generale non sono certo degni di celebrazioni, vedi l'uccisione
mirata di intellettuali e scrittori palestinesi considerati scomodi
(ricordiamo qui: Ghassan Kanafani, Wael Zwaiter, Kamal Nasser,
Mahmoud Hamshari, Majed Abu Sharar) e la massiccia negazione del
diritto allo studio per i bambini e i ragazzi palestinesi, che a
causa del Muro, dei blocchi stradali, dei bombardamenti quotidiani
non hanno la possibilità di raggiungere fisicamente le scuole.
Come possiamo far finta di non vedere l’ipocrisia
di chi tenta di far passare per innocente operazione culturale una
vera e propria scelta di parte? Se si fosse voluto usare il terreno
culturale come momento di scambio e di creazione di ponti tra popoli
e intellettuali, aldilà delle scelte dei propri governi,
allora i paesi ospiti avrebbero dovuto essere due: Israele e
Palestina, con pari dignità. Ma chi ha spinto affinché
il Consiglio Direttivo della Fiera del Libro di Torino decidesse di
invitare Israele proprio quest’anno, ha anche rifiutato con
determinazione ogni ipotesi che prevedesse pari opportunità e
spazio per la cultura israeliana e palestinese.
Vogliamo, infine, denunciare da subito chiunque
ricorra alla pretestuosa accusa di antisemitismo per negarci il
diritto a dissentire da una decisione dettata unicamente da esigenze
politiche, con l’obiettivo di gettare fumo negli occhi
dell’opinione pubblica. La cultura millenaria dell’ebraismo non
è, per fortuna, rappresentata solo dallo Stato di Israele.
Sono forse antisemiti quegli intellettuali e scrittori israeliani
come Aaron Shabtai, Ilan Pappe e tanti altri, che per primi hanno
considerato sbagliato l’invito a Israele proprio in occasione
dell’anniversario dell’inizio della tragedia del popolo
palestinese? Sono forse antisemiti i movimenti che nello stesso Stato
di Israele lottano coraggiosamente contro la politica del loro
governo, o i giovani militari israeliani che preferiscono il carcere
all’obbedienza cieca verso chi li vorrebbe strumenti del martirio
di un altro popolo?
Facciamo dunque appello al Consiglio Direttivo della Fiera del
Libro di Torino perché revochi questo invito inopportuno e
perché respinga le pressioni politiche che vorrebbero
trasformare la Fiera del Libro, da occasione di crescita culturale e
formativa, a vetrina per la propaganda del
volto umano di un paese colonialista e che pratica
l'apartheid anche nei confronti dei cittadini arabi residenti in
Israele.
Milano, 19/02/2008
Primi firmatari:
Zambon Editore
Edizioni "La Città del Sole"
Manni Editori
Edizioni Clandestine
Casa Editrice Filema
Per aderire all’appello:
zambon@zambon.net;
zambon.italia@fastwebnet.it