Intervista
di Silvia Cattori a Aharon Shabtai
«Israele,
ospite d’onore ai Saloni del libro di Torino e Parigi deve essere
boicottato»
In
Italia, la notizia della partecipazione di scrittori israeliani alla
Fiera del Libro di Torino (*), dove Israele sarà ospite
d’onore, ha suscitato immediatamente un’ondata di proteste e
molti intellettuali hanno sottoscritto l’appello al boicottaggio
lanciato da associazioni di scrittori palestinesi, giordani ed
egiziani. Curiosamente, in Francia non ha suscitato clamore il
medesimo invito a partecipare al Salone del Libro di Parigi. Tra i
quaranta scrittori invitati, solo il poeta Aharon Shabtai ha respinto
l’invito. In questa intervista Shabtai spiega perché bisogna
boicottare queste manifestazioni – che qualifica come occasione di
propaganda per Israele – così come ogni altro avvenimento
culturale che celebri lo Stato ebraico.
Aharon
Shabtai
Silvia
Cattori : A
dicembre 2007, quando ha saputo che il suo nome figurava tra i
quaranta scrittori israeliani invitati al Salone del libro di Parigi,
dove Israele sarà ospite d’onore, lei ha detto che le è
impossibile partecipare a un «evento culturale dove anche
Israele, che quotidianamente commette crimini contro civili»
sia invitato [1].
Gli altri trentanove scrittori israeliani non vedono ostacoli alla
loro partecipazione?
Aharon
Shabtai [2]:
Il Salone del libro di Parigi sarà inaugurato dal presidente
francese Nicolas Sarkozy e da quello israeliano Shimon Peres.
Partecipare a queste condizioni alla manifestazione, in quanto
scrittore che è nella lista della delegazione ufficiale,
equivale a drappeggiarsi con i colori della bandiera israeliana. Ogni
giorno Israele perpetra crimini di guerra e infligge ai Palestinesi
rappresaglie indiscriminate. Non c’è proprio niente da
celebrare. Israele viola tutte le leggi internazionali, non solo la
Convenzione di Ginevra. La Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia
ha condannato Israele per il muro che ha costruito sul territorio
confiscato ai Palestinesi.
Questo
Salone del libro, come del resto ogni altra manifestazione cui lo
Stato di Israele sia invitato, non rappresenta uno strumento per
promuovere la pace nel Medio Oriente, né un mezzo per rendere
giustizia al palestinesi. Si tratta di un semplice mezzo di
propaganda, finalizzata a offrire d’Israele l’immagine di Paese
liberale e democratico.
Uno
Stato che insiste in un’occupazione militare e che commette
quotidianamente crimini nei confronti di civili non merita di essere
invitato a manifestazioni culturali, di qualunque genere. Non
dovremmo accettare di essere presentati come cittadini di uno Stato
democratico, perchè lo Stato cui apparteniamo pratica
l’apartheid. In nessun modo dovremmo sostenerlo.
Silvia
Cattori : Dunque
secondo lei la Francia e gli organizzatori del Salone, invitando
Israele per celebrare i sessant’anni della sua nascita, stanno
commettendo un grosso errore?
Aharon
Shabtai : Non si
tratta di errore, ma di scelta politica! Io credo che per Sarkozy sia
un modo di partecipare all’occupazione israeliana [3].
I governi europei collaborano con Israele. L’invito di cui stiamo
parlando rientra in questa collaborazione. Senza l’aiuto degli
Stati Uniti, cui adesso si è aggiunto quello della Francia,
Israele non potrebbe andare avanti nella sua politica contro i
palestinesi. Questo sostegno dà a Israele il semaforo verde
per attaccare e ammazzare i palestinesi, in particolare a Gaza. È
deplorevole che Francia, Germania e altri Paesi europei – che hanno
un passato di persecuzione degli ebrei – partecipino oggi alla
persecuzione da parte di Israele di palestinesi, arabi e mussulmani.
Silvia
Cattori : Cosa
risponde a quelli che sostengono che non bisogna mescolare cultura e
politica?
Aharon
Shabtai : Perché
separarle? Nella tradizione europea, come del resto nella storia dei
Greci, scrittori come Voltaire, Rousseau e Thomas Man hanno lottato
contro l’oppressione e per la libertà. In ogni tempo,
intellettuali e scrittori progressisti si sono impegnati nella
critica politica.
Silvia
Cattori : Lei
perciò condanna quelli che, come Amoz Oz [4],
Abraham Yehoshua, Aharon Appelfeld, David Grossman, Zeruya Shalev,
Etgar Keret, Orly Castel-Bloom e altri si apprestano a partecipare al
Salone?
Aharon
Shabtai :
Naturalmente! Li condanno perché, agendo in tal modo, danno
una mano alla propaganda israeliana e collaborano con gli occupanti
israeliani!
Silvia
Cattori : Lei
ha chiesto loro di unirsi alla sua azione di boicottaggio?
Aharon
Shabtai : Scrittori
come Amoz Oz, David Grossman e altri non intendono assolutamente
boicottare Israele! Non mi aspetto niente da loro: sono ambasciatori
di Israele! Sono collaboratori abituali del governo israeliano, fanno
parte dell’apparato di propaganda. È del tutto ovvio per
loro andare ovunque Israele sia ufficialmente invitato. Lavorano per
il governo israeliano.
Silvia
Cattori : Questi
scrittori sono dunque dei collaborazionisti?
Aharon
Shabtai : Sì,
certo. Generalmente, questi inviti sono iniziative del governo
israeliano. Di un governo che tiene il popolo palestinese sotto
un’occupazione militare. Io penso che ogni intellettuale, ogni
scrittore debba rifiutare di prendere parte a qualunque riunione
celebrativa di un qualsiasi anniversario di Israele. Invece di
partecipare a iniziative di questo genere, dovrebbero aiutare i
palestinesi a riconquistare i loro diritti, la loro terra, la loro
acqua.
È
nostro dovere combattere le discriminazioni e le persecuzioni
israeliane; adottare lo stesso atteggiamento che gli scrittori
tennero durante la lotta contro l’apartheid in Sudafrica; lo stesso
comportamento di scrittori progressisti radicali come Brecht, Aragon,
Breton che, sotto il nazismo, organizzarono un Congresso e fecero
quanto in loro potere per lottare contro le discriminazioni e le
persecuzioni di cui gli ebrei erano vittime.
Silvia
Cattori : Allora
è vero che, nella strategia mediatica del governo d’Israele,
israeliani che operano nel campo delle arti e delle lettere vengono
usati per condurre una guerra d’informazione, come strumenti che
permettono di fare assumere a Israele un aspetto invitante? [5]
Aharon
Shabtai : Sì,
il regime israeliano utilizza gli artisti, cioè coloro che
creano, come agenti di pubbliche relazioni; proprio allo stesso modo
in cui gli scrittori sovietici, all’epoca dell’URSS, venivano
mobilitati dal regime comunista.
Allo
stesso modo oggi gli scrittori israeliani si recano a Parigi in veste
di collaboratori di un regime odioso e di partigiani di questo
regime. Nella situazione in cui ci troviamo, quando crimini della
portata di quelli che ogni giorno Israele compie nei confronti dei
palestinesi, chiunque non sciolga i legami con il governo israeliano
– è un dato obiettivo – collabora con Israele e compie
opera di propaganda per suo conto.
Silvia
Cattori : Secondo
lei tutte le persone oneste e animate da spirito umanitario
dovrebbero boicottare non solo i Saloni di Parigi e Torino, ma anche
il complesso delle manifestazioni per la celebrazione dei
Sessant’anni di Israele? Dunque l’unica possibilità per
gli scrittori israeliani sarebbe avere coraggio a sufficienza per
rinunciare al loro status di privilegiati e rispondere positivamente
ai palestinesi che disperatamente chiedono il boicottaggio [6],
applicare a Israele un trattamento uguale a quello che è stato
riservato al Sudafrica?
Aharon
Shabtai : Sì,
esattamente. Ritengo che noi israeliani dovremmo lavorare insieme ai
palestinesi per il nostro comune avvenire, non dovremmo sostenere il
militarismo di Israele. L’occupazione e la guerra rappresentano un
pericolo molto grave per il futuro degli ebrei, degli israeliani e
dei nostri bambini. Possiamo contribuire a far cessare l’occupazione
smettendo di adulare lo Stato d’Israele.
Silvia
Cattori : Uno
scrittore arabo israeliano, Sayed Kashua, sembra abbia accettato di
partecipare al Salone del Libro di Parigi e di Torino insieme alla
delegazione israeliana.
Aharon
Shabtai : Il suo nome
si trova nella lista ufficiale, come quello degli altri trentanove
scrittori. È una persona per bene, ma la sua condizione di
arabo israeliano non è affatto comoda. Sarebbe senza dubbio
pericoloso per lui boicottare Israele. Credo abbia paura. Potrebbe
perdere il lavoro. La vita degli arabi israeliani che vivono in
Israele è molto degradata; è molto difficile per loro
sopravvivere. Come tutti gli arabi israeliani, Kashua è
considerato da Israele cittadino di second’ordine. Io mi trovo in
una situazione diversa, appartengo alla classe dominante, sono ebreo,
posso boicottare senza correre rischi; un arabo israeliano, invece,
deve agire con estrema cautela.
Silvia
Cattori : Anche
all’estero gli intellettuali che fanno appello al boicottaggio
contro Israele si trovano in una posizione scomoda!
Aharon
Shabtai : Voi europei
avete deciso di boicottare il popolo palestinese che subisce
l’occupazione perché ha eletto democraticamente il governo
di Hamas; ed ecco che ora continuate a boicottare la popolazione di
Gaza e collaborate con Israele a danno del popolo palestinese e del
suo governo!
Gaza
è un ghetto, un campo di concentramento. E voi europei
celebrate Israele, senza avere alcuna considerazione per il calvario
di quasi quattro milioni di Palestinesi, che vivono in una situazione
simile a quella dei neri sottomessi, nel Sudafrica dei bianchi, al
regime dell’apartheid.
È
difficile trovare parole appropriate per esprimere una tale
assurdità. Il calvario dei palestinesi è addirittura
più doloroso di quello dei neri dell’Africa del Sud
sottomessi all’apartheid.
I
Palestinesi sono affamati, tutti i giorni vengono bombardati, vengono
ammazzati su larga scala. La situazione a Gaza, obiettivo delle
aggressive operazioni militari d’Israele, è orribile.
Sarkozy
sa bene che invitare Israele significa incoraggiarlo a perseverare
nell’occupazione e nei crimini contro i palestinesi.
Io
non credo che gli europei, con i valori di cui è portatrice la
loro cultura, possano invitare un Paese come Israele e partecipare
alle celebrazioni del sessantesimo anniversario della sua nascita. I
Saloni del libro di Parigi e di Torino non sono, per Israele, che
l’ennesima occasione per farsi propaganda e guadagnare ancora più
consensi all’occupazione militare.
Quando
il Kosovo si batteva contro la Serbia, l’Europa lo ha difeso e ha
fatto la guerra alla Serbia. Il Kosovo apparteneva alla Serbia ma, a
dispetto di ciò, il mondo ha combattuto la Serbia e l’ha
bombardata. Nel caso di Israele accade l’opposto: Israele opprime
un territorio occupato. E voi europei, voi aiutate gli occupanti
israeliani invece che i palestinesi oppressi dall’occupazione!
Perché usate due pesi e due misure?
Silvia
Cattori : Ancora
oggi, persino all’interno di movimenti di solidarietà con i
palestinesi, non è possibile trattare Israele con la stessa
severità con cui è stato trattato il regime sudafricano
dell’apartheid. Quando l’intellettuale svizzero Tariq Ramadan ha
semplicemente dichiarato che, se vogliamo essere coerenti e
rispettare la dignità dell’uomo, dobbiamo boicottare il
Salone di Parigi, è stato vilipeso e accusato di essere un
sostenitore dell’antisemitismo [7].
Il boicottaggio di Israele è spesso considerato dalle persone
di religione ebraica, come pure da rappresentanti di partiti di
sinistra, come un atto di antisemitismo.
Aharon
Shabtai : Gli ebrei
rifiutano di vedere che attualmente vivono in campi di
concentramento, in campi di prigionia, come quelli di Gaza, quasi
quattro milioni di Palestinesi.
In
Europa la gente non sa bene come stanno le cose qui. È
assolutamente stupido utilizzare l’aggettivo “antisemita” e
biasimare chi chiede il boicottaggio di Israele. Io sono nato qui, i
miei figli vivono qui, eppure anch’io, che sono ebreo, la penso
come quelli che vengono accusati di antisemitismo! Recentemente,
anche Benny Ziffer, redattore capo del supplemento letterario del
quotidiano israeliano Haaretz, ha chiesto il boicottaggio del Salone
del Libro.
Queste
accuse di antisemitismo non sono che pura propaganda. Fino a poco
tempo fa Israele è riuscita a fare in modo che gli europei
sostenessero la sua politica di occupazione. Ma, dopo la guerra in
Libano e il blocco di Gaza, gli europei non possono continuare a
fiancheggiare Israele. Gli appelli al boicottaggio non hanno niente a
che vedere con il razzismo.
Silvia
Cattori : Mentre
nelle università britanniche è possibile rifiutarsi di
invitare scrittori o scienziati israeliani, nell’Europa
continentale la sinistra, di comune accordo, non aderisce mai alle
richieste dei palestinesi di boicottaggio d’Israele. Perché?
Aharon
Shabtai : Non capisco
cosa significhi davvero il termine “sinistra”, dal momento che
quelli che la guidano non tagliano ogni relazione con Israele. Io
credo che un gran numero di persone tema, esponendosi, di sentirsi
accusare di antisemitismo. Oggi il significato reale dell’Olocausto
è completamente falsato. C’è una vera e propria
industria dell’Olocausto di cui si è appropriata la
propaganda israeliana. È ripugnante.
Silvia
Cattori : C’è
qualcuno che ha espresso sostegno alla sua presa di posizione?
Aharon
Shabtai :
Naturalmente. Ricevo molte lettere dall’Europa. Io so che le
persone si sentono chiamate in causa. Non hanno nulla contro gli
ebrei, ma condannano la brutalità della politica israeliana. È
questo che i media non dicono.
Le
persone hanno sostenuto Israele per tanti anni! Oggi però,
dalle loro reazioni, possiamo capire che sono in maggioranza contro
la dominazione e il militarismo di Israele. Ma nei media lei non ne
troverà traccia, perché i media – e l’abbiamo
constatato a proposito della guerra contro l’Irak – sono dalla
parte di quelli che fanno la guerra. I media sono dalla parte di
Israele.