Un
boicottaggio sbagliato
Valentino
Parlato
La
Fiera internazionale del libro di Torino avrà il suo
svolgimento dall’8
al 12 maggio, ma già sta scatenando discussioni e polemiche,
che hanno investito anche il nostro, tenace e tollerante, collettivo.
La fiera si apre nel 60° anniversario della fondazione dello
stato di Israele
e quindi, inevitabilmente, si riapre la questione palestinese. Dopo
la seconda guerra mondiale e il massacro degli ebrei, riconoscere
agli ebrei
il diritto ad avere un territorio e uno stato era obbligatorio.
Anche Stalin fu a favore della
costruzione dello stato di
Israele, contraria - e non è
affatto secondario - fu l’Inghilterra la quale - è una mia
memoria personale - per sostenere che il mondo arabo non avrebbe
accettato uno stato ebraico favorì grandi manifestazioni di
opposizione, e a Tripoli (dove allora abitavo) un sanguinoso pogrom
antiebraico nella complice indifferenza delle autorità
militari britanniche.
La
polemica che si è aperta oggi, è sul boicottaggio di
questa Fiera del Libro, che dà a
Israele un posto d’onore con il rischio di una legittimazione
letteraria della sua politica. Dico subito che non ho nessuna
posizione di principio contro il boicottaggio, contro
i bianchi razzisti sudafricani era
più che giusto. C’è
boicottaggio e boicottaggio e, quindi, sono
del tutto contrario al boicottaggio di questa fiera del libro (il
libro va sempre rispettato) e contro lo stato di
Israele.
Gli israeliani - che sono
sempre ebrei - per quanti torti abbiano
nei confronti del popolo palestinese non sono in alcun modo
paragonabili ai razzisti sudafricani e poi - un poi che non possiamo
dimenticare e sul quale noi europei e quelli di noi che si dichiarano
cristiani e cattolici - c’è la storica persecuzione del
popolo ebraico, ci sono i ghetti e i campi di sterminio.
E
qui mi torna buono ricordare quel che mi disse in un’intervista al
manifesto il Rabbino capo di Roma. Nel ghetto di Varsavia l’ultimo
canto che gli ebrei intonarono fu l’Internazionale. Poi furono
massacrati dai tedeschi.Quindi profittiamo di questa Fiera
internazionale del libro di Torino per discutere, per criticare la
politica dello stato di
Israele, per difendere i
diritti dei palestinesi, che in questi territori sembrano diventati i
nuovi ebrei. Discutiamo, scontriamoci,
ma mandiamo al diavolo il
boicottaggio. Non solo perché
gli israeliani sono ebrei e non
afrikaner,
ma anche perché il boicottaggio è muto.
È un no senza argomenti. A Torino ci saranno scrittori ebrei
di grande
levatura e con loro dobbiamo discutere, ragionare, polemizzare,
difendere i diritti del popolo palestinese. Mi rendo conto delle
paure ancestrali
della gente di Israele. Mi rendo conto della loro paura - me lo disse
un bravo ambasciatore di
Israele a Roma - di essere i
nuovi crociati. Credo di capire, ma Israele deve essere più
ebrea con i palestinesi. Li deve sentire parenti stretti. Ma proprio
per tutto questo il boicottaggio serve solo a fare
il danno dei palestinesi e degli israeliani.