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Documenti di approfondimento » Aaron Swartz: Il web perde un libera mente  

AARON SWARTZ: IL WEB PERDE UNA LIBERA MENTE
Daniele Tavernari

Pochi episodi smuovono la comunità digitale come l’improvvisa scomparsa di uno dei suoi figli. Il caso Aaron Swartz, programmatore e attivista statunitense su cui gravavano accuse per una condanna fino a 35 anni di reclusione e suicidatosi in casa propria l’11 Gennaio, non ha fatto eccezione.

Da sempre immerso nel mondo in continua evoluzione dell’informatica grazie al padre, produttore di software, l’enfant prodige di Chicago mostrò le sue straordinarie doti di programmatore già a 14 anni, quando diventò co-autore del rivoluzionario formato RSS per la distribuzione di contenuti Web. In seguito, dopo un breve periodo di studi all’Università di Stanford, proseguì le sue attività nel mondo dell’informatica fondando la start-up Infogami e iniziando a lavorare sul sito di Social News e di reindirizzamentoReddit. Quando quest’ultimo fu venduto alla società CondéNast, proprietaria di Wired, Swartz continuò a lavorare per esso, finché non fu estromesso dall’incarico. Già in questi anni iniziò, per lunghi periodi, a soffrire di depressione e frequenti malesseri.

Al di là dei lavori e delle collaborazioni private, l’impegno su cui Swartz si spese di più fu, tuttavia, verso l’attivismo digitale. Egli fu infatti uno dei maggiori editori volontari e analisti di Wikipedia, la quale ne rifiutò l’ingresso nel consiglio direttivo nel 2006, e un progetto con fini simili alla creatura di Jimmy Wales fu da lui stesso sviluppato: si tratta dell’Open Library, una biblioteca digitale per la raccolta e la libera diffusione di opere di pubblico dominio in formato E-Book, basata essa stessa su un software open source.
Egli operò anche in campo politico e giuridico. Entusiasta sostenitore di Obama alla sua prima candidatura, rimase in seguito deluso da alcune sue iniziative volte a tutelare dalla crisi e incentivare le grandi società informatiche, trascurando altri aspetti legati alla garanzia del diritto del libero accesso alla Rete e alla tutela degli utenti. Fu proprio quest’ultimo il campo nel quale Swartz dedicò più energie: fondò insieme al cybergiurista e amico Lawrence Lessig il movimento DemandProgress.org allo scopo di esercitare pressioni sul Congresso per la tutela della libertà di espressione in Rete e per questioni simili. In questo modo riuscì nella vera e propria impresa di fermare l’approvazione del SOPA (Stop Online PiracyAct), una legge volta a tutelare il copyright mediante censure e oscuramenti e criticata per l’iniquità a svantaggio dei siti più piccoli e con minor potere economico.

Nel suo appassionato attivismo, Swartz si spinse tuttavia oltre i limiti della legalità.
Nel 2009 scaricò e diffuse pubblicamente circa il 20% del database PACER (Public Access to Court Electronic Records) della Corte Federale degli Stati Uniti. Il database conteneva documenti giuridici pubblici, ma i cittadini statunitensi potevano allora accedervi solo a pagamento; il caso, aperto dall’FBI, venne in breve tempo archiviato senza condanna.

Fu nel 2011 l’azione più azzardata della sua carriera di “hacktivist”: eludendo le protezioni informatiche dell’MIT, scaricò oltre 4 milioni di documenti scientifici dalla piattaforma JSTOR con lo scopo di diffonderli liberamente in rete, in segno di protesta verso i privilegi editoriali sulla fornitura di relazioni e trattati accademici. L’accesso ad essi, nonostante fossero teoricamente di pubblico dominio, richiedeva una licenza a pagamento poiché erano sotto copyright nella loro forma digitalizzata. A seguito di ciò, nonostante l’avvenuta restituzione del materiale, Swartz venne accusato di frode informatica e di conseguenza rischiò una condanna fino a 35 anni di reclusione e 4 milioni di dollari di risarcimento. Nonostante non avesse l’appoggio dell’MIT, il consiglio direttivo di JSTOR dichiarò poco dopo di non voler proseguire la causa intentata nei suoi confronti e iniziò esso stesso, forse spinto proprio dall’azione dell’attivista, un percorso di pubblicazione e diffusione libera degli archivi di documenti in proprio possesso. Il procuratore dello stato del Massachusetts, tuttavia, non ne seguì l’esempio e proseguì nei propri atteggiamenti persecutori e giustizialisti, non esimendosi dal trattare Swartz alla stregua dei peggiori criminali, tanto che la sua pena poteva essere ben peggiore rispetto a quelle inflitte ad assassini e stupratori.

L’11 Gennaio 2013, Aaron Swartz è stato trovato impiccato nel suo appartamento. Il medico incaricato ne ha accertato e dichiarato il suicidio. La famiglia ha aperto un sito in sua memoria e amici, conoscenti e l’intero mondo della Rete gli hanno reso omaggio attraverso blog, testate giornalistiche e manifestazioni. Nel compiangerlo, l’amico e collaboratore Lawrence Lessig, vergin di servo encomio, ne descrive le vicissitudini con inattaccabile obiettività e amaro rimpianto, non risparmiando critiche e accuse nemmeno troppo velate al persecutorio e intimidatorio sistema giudiziario statunitense. Il collettivo di hacker Anonymous, seguendo il proprio consolidato modus operandi, ha espresso il proprio dissenso attaccando e mandando offline per alcune ore il sito dell’MIT.

Le possibili considerazioni e conclusioni riguardanti i soprusi che le potenzialità economiche consentono di mettere in atto nei confronti di chi combatte per libertà e diritti sono etichettabili come populistiche o qualunquistiche solo ad una prima, superficiale, lettura: le straordinarie lezioni impartite dalla Storia ci hanno da sempre reso indirettamente partecipi di situazioni di questo genere. Al di là di ciò, quello che è innegabile poter sentenziare è che l’umanità ha perso una delle più pure, aperte e potenzialmente più grandi menti operanti in una disciplina dalle potenzialità a tutt’oggi inimmaginabili, il cui disperato bisogno di una regolamentazione etica e ideologica prima che giuridica richiede la genialità e l’onestà di persone come Aaron Swartz.

Fonti e approfondimenti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Aaron_Swartz#cite_note-DeRobbio-5
http://www.unipd.it/ilbo/content/aaron-swartz-rest-peace

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