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Visti per Voi » Il racconto dei racconti  
IL RACCONTO DEI RACCONTI

Di Enrico Gatti


Regia: Matteo Garrone
Italia, Francia, Regno Unito, 2015

 


Cannes 2015 è stato, per l’Italia, un grande festival. Moretti, Sorrentino e Garrone hanno portato sulla Croisette tre splendidi film, acclamati dalla critica e dal pubblico; tre film che speriamo contribuiscano alla rinascita del cinema italiano e spingano i produttori a tenere in maggiore considerazione i film d’autore e non solamente le facili commedie tristemente provinciali che negli ultimi anni hanno, salvo rari esempi, occupato dispoticamente le sale.
Giurie e premi a parte, che a Cannes sembrano aver trascurato i tre italiani, il successo è indiscutibile (anche grazie alla distribuzione contemporanea in molti paesi del mondo) e la qualità a dir poco eccezionale.
Mentre Moretti con Mia Madre torna su terreni a lui familiari e dirige un film intimo e commovente, Sorrentino irrompe al festival con uno dei suoi film migliori Youth, assolutamente più convincente del premiato La grande bellezza. Ma è Garrone che più di tutti incanta con un’opera assolutamente inedita per il cinema italiano.  Il racconto dei racconti è un film ‘fantastico’ che narra di storie antichissime, eredi di tradizioni ancora più antiche, archetipi di tutte le fiabe moderne.
Le tre storie del film sono ispirate ad una raccolta di ben cinquanta fiabe edite nella prima metà del XVII secolo e scritte in lingua napoletana dallo scrittore Giambattista Basile. Di queste, La cerva fatata, La pulce e La vecchia scorticata, sono state scelte da Garrone e dagli altri sceneggiatori per la bellissima trasposizione cinematografica.
Il risultato è un film sicuramente atipico per il cinema italiano e, allo stesso tempo, in grado di superare in tecnica e maturità molti film ‘fantasy’ di Hollywood. Il manierismo visivo si compone di un’estetica deliziosamente barocca e assolute meraviglie cromatiche. L’eleganza delle scene e degli ambienti, sia naturali che artificiali, è accompagnata dalla compostezza delle interpretazioni dei grandi attori cha danno volto ai protagonisti. Eppure questa ‘misura’ contrasta con l’eccesso delle situazioni narrate. La dicotomia che si crea, penosamente grottesca, è forse il punto di vista migliore dal quale partire per descrivere e riflettere la condizione umana. Passioni, debolezze e paure degli uomini sono descritti con un linguaggio senza tempo, a volte umile, altre volte solenne, spesso violento. Il sangue, presente in ogni momento topico dei racconti, rappresenta parte di questa violenza, sovente nella sua dimensione più psicologica, tralasciando quasi completamente l’ineluttabilità della tragedia legata alla morte.
Temi forti per un cinema potente. Spiazzante e coraggioso. Una forma-cinema, come scrive Luca Barnabé, “d’estrema immaginazione e vitalità autoriale” che “non cerca la scappatoia pop, la facilità fantasy o la magia esile e furba da cinema mainstream.
Un grandioso labirinto di vizi, meschinità e fragilità (dis)umane”.


 

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