MARTEDÌ, 6 FEBBRAIO 2007
“VIA LIBERA AL RADDOPPIO
DELL’INCENERITORE”
MODENA – E’ finita. Chi sperava ancora che il raddoppio
dell’inceneritore di Via Cavazza non sarebbe stato realizzato, ha ricevuto un
duro colpo. Venerdì scorso è stata, infatti, rilasciata dalla Provincia,
l’autorizzazione integrata ambientale (l’Aia) che dà il via libera
all’accensione del quarto camino dell’inceneritore. L’assessore all’ambiente
Alberto Caldana commenta il risultato ottenuto con soddisfazione sottolineando
di avere accontentato anche chi inizialmente si opponeva al raddoppio, nella
fattispecie Rifondazione Comunista. I consiglieri provinciali di rifondazione
avevano, infatti, avanzato la richiesta di un tetto massimo all’incenerimento
dei rifiuti speciali (di cui fanno parte anche i rifiuti sanitari) e questo è
stato prontamente introdotto nell’Aia. Ora il limite massimo è stato fissato
alle trentamila tonnellate. In totale l’inceneritore arriverà a bruciare 240
mila tonnellate l’anno di rifiuti, rispetto ai 140 mila di prima. “All’inizio
le tonnellate di rifiuti bruciate ogni anno – spiega Aldo Imperiale di
rifondazione – avrebbero dovuto essere 300mila e oggi sono diventate 240mila”.
Questo è possibile visto che, quando sarà a regime, l’inceneritore utilizzerà
solo due camini, contro i tre che erano stati previsti in precedenza (uno dei
tre già in funzione e quello nuovo). Ma tutto ciò mi sembra ugualmente una
magra consolazione se si pensa che già con 240mila tonnellate la nostra sarà la
provincia che brucerà più rifiuti in tutta la regione! Purtroppo ancora una
volta ha vinto la politica della cura a dispetto di quella della prevenzione.
Investire sulla raccolta differenziata invece che sul potenziamento di mezzi
per smaltire le montagne di rifiuti che ogni giorno ognuno di noi produce senza
ritegno e a cuor leggero, sarebbe stata una scelta auspicabile e matura.
Invece, come sempre, si è imboccato la strada più semplice e veloce per
risolvere il problema. Si potrebbe definire un modo molto italiano per lavarsene
le mani! Non ci rendiamo conto che queste soluzioni sono obsolete, o quantomeno
scaturiscono da menti obsolete, e nel lungo termine non risolveranno un bel
niente come un cerotto su una ferita che non si può curare, certo a prima vista
il sangue non esce più ma questo non vuol dire che la ferita si rimarginerà. I
problemi, soprattutto quelli ambientali, prima o poi dovremo iniziare ad
affrontarli alla fonte e non cercando di porvi rimedio dopo che il danno è già
stato fatto. Tutti siamo consapevoli di questa semplice verità, ma alla luce
dei fatti continuiamo a comportarci come sempre. L’importante è avere dei
risultati subito e non importa con quali conseguenze. Al futuro ci penserà chi
ci sarà. Peccato solo che le previsioni erano state troppo ottimistiche e nel
futuro ormai ci siamo dentro anche noi..
Rassegna stampa
Da
il nuovo giornale di Modena
del 5 FEBBRAIO 2007
Dall'approvazione
dell'autorizzazione integrata ambientale che permette ad Hera di bruciare
240.000 tonn.te di rifiuti invece che 140.000 tonn.te si deduce che la
provincia di Modena sarà la provincia che brucerà più rifiuti di tutta la
regione. Questo andrà ad incidere sulla quantità e sulla qualità della raccolta
differenziata. E' noto a chiunque che si occupa di questa materia che
incenerimento e raccolta differenziata non possono aumentare contemporaneamente
e, se all'inizio succede, sempre a discapito della qualità della raccolta
differenziata, poi la raccolta differenziata calerà perchè l'inceneritore ha
bisogno di materia prima con un buon potere calorifico che è proprio quello che
si trova nel materiale che si ricicla. Questo trend lo si può vedere
controllando le percentuali di raccolta differenziata della provincia di
Brescia dove è attivo un enorme inceneritore. Tralascio di commentare la
chiusura, che voleva essere spiritosa, del comunicato stampa della provincia.
Non si tratta infatti di giocare con tre o quattro bussolotti, anche i bambini
sanno che un contenitore può essere più grande di tre o più piccoli
contentitori ed è quello che succederà con il raddoppio dell'inceneritore.
Ricordo che l'unica soluzione per ridurre i rifiuti è agire alla fonte sugli
imballaggi e raccogliere in maniera differenziata in modo che i cittadini
abbiano un guadagno dalla loro buona volontà. L'unico modo è il porta a porta
con tariffa puntuale. La soluzione che ha scelto la provincia di Modena fa
guadagnare una società per azioni che, tra l'altro, diventerà sempre meno
modenese.
Vittorio
Ballestrazzi Verdi Modena
Rassegna stampa
Da
il portale on-line Sesto potere
del 5 FEBBRAIO 2007
“INCENERITORE
, ATTIVE SOLO DUE LINEE E CATALIZZATE”
Modena
- Il potenziamento dell’inceneritore di Modena porterà alla chiusura delle due
linee meno recenti dell’impianto che a regime, dal luglio del 2008, funzionerà
con solo due linee, entrambe catalizzate, rispetto alle attuali tre non dotate
di filtri catalitici. E’ una delle principali novità contenute
nell’Autorizzazione ambientale integrata che la Provincia di Modena ha
rilasciato a Hera spa per l’impianto di incenerimento rifiuti di via Cavazza
dopo un percorso che «ha visto la partecipazione e l’intervento di numerosi
soggetti con la presentazione di osservazioni e suggerimenti di cui si è tenuto
conto nel predisporre il provvedimento» sottolinea l’assessore provinciale
all’Ambiente Alberto Caldana ricordando sia la Valutazione d’impatto ambientale
rilasciata nel 2004 sia il Piano per la gestione dei rifiuti approvato nel
maggio del 2005 che, appunto, assegna un ruolo centrale all’incenerimento dei rifiuti.
«Dalle attuali 140 mila tonnellate all’anno – spiega Caldana – si passa a una
potenzialità di termovalorizzazione di 240 mila tonnellate. L’obiettivo fissato
dal Piano è quello di raggiungere il 55 per cento di raccolta differenziata, di
avviare al termovalorizzatore il 42 per cento dei rifiuti solidi urbani
prodotti esclusivamente nel modenese, per arrivare al progressivo abbandono
dello smaltimento in discarica». L’Autorizzazione ambientale integrata, che
sostituisce tutte le autorizzazioni settoriali, è una nuova procedura alla
quale collaborano Arpa, Azienda Usl e gestore. Le prescrizioni introdotte
«consentono – sottolinea l’assessore Caldana – un netto miglioramento delle
“performance” ambientali e una migliore e costante attività di controllo». L’obbligo di installazione su tutte le linee
di incenerimento degli abbattitori di ossidi di azoto più efficaci (i
cosiddetti Scr, depuratori catalitici) permettono, per esempio, il non aumento
rispetto a oggi dell’effettivo carico inquinante emesso, nonostante il
potenziamento dell’impianto. Gli ossidi di azoto sono una delle componenti
critiche della qualità dell’aria anche in quanto precursori delle PM10
secondarie. Gli abbattitori Scr saranno installati da subito, la nuova linea
non funzionerà mai senza, e anche la linea 3 sarà adeguata, mentre la 1 e la 2
verranno dismesse nel luglio 2008. Hera, infatti, sulla base della prescrizione
ha deciso di riconsiderare la proposta di assetto definitivo passando dalle
quattro linee (solo tre delle quali sarebbero state in funzione nello stesso
tempo) a solo le due più recenti. «Insomma – commenta l’assessore Caldana – per
una volta tre più uno darà come risultato due».
Limiti
alle emissioni inquinanti inferiori a quelli fissati dalle leggi, tetti
quantitativi per rifiuti speciali e sanitari, un programma ulteriore di
controlli e monitoraggi ambientali rispetto a quello già previsto con la
Valutazione d’impatto ambientale. Sono le altre prescrizioni, oltre a quella
che obbliga Hera a installare i filtri catalitici, decise con l’Autorizzazione
integrata ambientale dell’impianto di incenerimento rifiuti di Modena. I limiti
ai flussi di massa degli inquinanti, in alcuni casi anche oltre il 50 per cento
inferiori a quelli della normativa nazionale ed europea, tengono conto delle
prestazioni tecniche ottenute dai depuratori annessi all’impianto monitorate
negli ultimi due anni da Arpa e dal gestore. « I limiti autorizzati in modo
così severo, inoltre, hanno lo scopo di determinare la miglior gestione
possibile di tutte le componenti dell’impianto - spiegano i tecnici - come è
già stato fatto, per esempio, nel distretto ceramico». Oltre a introdurre
vincoli al conferimento di rifiuti speciali (alcuni saranno ammessi
all’impianto solamente se verrà dichiarata l’impossibilità di riciclo o
compostaggio), è stato fissato in 30 mila tonnellate all’anno, sulle 240 mila
di capacità totale dell’inceneritore, il loro limite quantitativo all’interno
del quale sono compresi anche i rifiuti sanitari, per un tetto massimo di 5
mila tonnellate. L’impianto comunque dovrà soddisfare prioritariamente le
necessità del bacino Ato della provincia di Modena. Sulle linee
dell’inceneritore verranno installati i campionatori in continuo delle diossine
per garantire il monitoraggio delle sostanze inquinanti. I controlli, sia
analitici che gestionali, saranno svolti periodicamente da Arpa e non, come
previsto nelle prime ipotesi, direttamente dal gestore al quale comunque
saranno attribuiti i costi delle operazioni. Allo stesso modo sarà il gestore a
finanziare il proseguimento dei monitoraggi ambientali e delle indagini
epidemiologiche già attivate con la Via, alle quali si aggiungeranno ulteriori
approfondimenti sugli eventuali impatti ambientali e sanitari connessi
all’impianto direttamente attivati da Arpa e da Azienda Usl.
L’Autorizzazione
integrata ambientale (Aia) rappresenta un nuovo approccio metodologico che,
derivato da specifiche Direttive dell’Unione europea recepite nel 2005 con il
decreto legislativo 59, riguarda gli impianti industriali e di servizio a
potenziale maggiore impatto ambientale. L’Aia sostituisce tutte le
autorizzazioni ambientali fino a oggi rilasciate in forma settoriale: una per
le emissioni in atmosfera, una per gli scarichi, una per il rumore, una per la
gestione dei rifiuti eccetera. La domanda è unica, così come l’autorizzazione
che viene rilasciata dalla Provincia attraverso un procedimento che vede la
partecipazione anche dei cittadini singoli o associati che ne abbiano
interesse. In provincia sono oltre 160 gli impianti per i quali è necessario il
rilascio dell’Aia: oltre all’inceneritore ci sono ceramiche, fonderie, altri
impianti di gestione rifiuti, imprese galvaniche, grandi aziende meccaniche,
stabilimenti per la lavorazione di carni e derivati.
“GLI
OBIETTIVI DEL PIANO RIFIUTI”
Come
sarà smaltita nei prossimi anni la montagna di oltre 400 mila tonnellate di
rifiuti solidi urbani che i modenesi producono ogni anno? La strategia della
Provincia di Modena, definita con il Piano provinciale rifiuti approvato nel 2005,
prevede la crescita della raccolta differenziata al 55 per cento (nel 2005 è
salita al 40 per cento), l’incenerimento del 42 per cento dei rifiuti mentre il
3 per cento sarà smaltito in discarica (attualmente questo dato supera il 30
per cento). Per aumentare la differenziata il piano prevede un’autentica
rivoluzione nei metodi di raccolta, puntando innanzitutto sull’organico in
tutti i Comuni. Attualmente la raccolta differenziata si basa prevalentemente
sul sistema tradizionale dei contenitori stradali e sulle 56 stazioni
ecologiche attive nel modenese. Ma come sottolinea Caldana «questo non basta,
per raggiungere i traguardi che ci siamo posti occorre che la differenziazione
avvenga a partire dalle mura domestiche».
MERCOLEDÌ,
4 OTTOBRE 2006
“L’INCENERITORE NON FA MALE ?!”
MODENA – E’ quantomeno curioso il risultato del convegno ‘Osserviamo il
termovalorizzatore’ organizzato nei giorni scorsi dalla Provincia di Modena,
che ribalta quello che era emerso dal convegno di appena un mese fa dei
comitati e dell’Ordine dei medici modenesi. Secondo i dati forniti dai
sostenitori del raddoppio “L’inceneritore è a norma e non si registrano aumenti
di incidenza tumorale nella popolazione che vive nei pressi dell’impianto”.
Questo è almeno quello che si evince dal registro tumori della provincia attivo
dal 1988. Secondo questo studio, che si basa sulla residenza dei cittadini, non
si evidenzia un aumento dei tumori in quella porzione di cittadinanza che abita
nei pressi dell’inceneritore. Ma il professore Massimo Federico, docente di
oncologia medica all’Università di Modena, ha messo subito le mani avanti
dichiarando che “l’inceneritore faccia male o no io non posso dirlo, mi limito
solo ad esporre i dati”.
E allora esponiamoli questi dati!
Secondo la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale “ Gli inceneritori di ultima generazione con
le loro alte temperature nei forni contribuiscono grandemente alla immissione
nell'ambiente di polveri finissime che costituiscono un rischio sanitario ben
più grave delle note polveri PM10” . Queste particelle minuscole vengono
chiamate ‘particolato’ e sono pericolosissime per la nostra salute. Infatti
riescono a penetrare nel nostro organismo e qui si fermano provocando tutta una
serie di reazioni che possono tramutarsi in malattie chiamate nanopatologie
(malformazioni fetali, malattie infiammatorie, allergiche e perfino
neurologiche). Inoltre, queste particelle non sono biodegradabili, questo
significa che il nostro organismo non è in grado di espellerle e quindi la
malattia potenziale risiede nel nostro corpo per tutta la durata della nostra
vita.
“L'incenerimento dei rifiuti
– precisa la Federazione - fra tutte le tecniche di smaltimento, è
quella più dannosa per l'ambiente e per la salute umana. Gli inceneritori
producono ceneri (sono un terzo del peso dei rifiuti in ingresso e si devono
smaltire in discariche speciali) e immettono nell'atmosfera milioni di metri
cubi al giorno di fumi inquinanti, contenenti polveri grossolane (PM10) e fini
(PM2,5) costituite da nanoparticelle di metalli pesanti, idrocarburi
policiclici, policlorobifenili, benzene, diossine, estremamente pericolose
perché persistenti e accumulabili negli organismi viventi”. Inoltre, queste nanopolveri, sfuggendo ai
filtri dell’inceneritore non vengono neanche rilevate dagli attuali sistemi di
monitoraggio delle emissioni. Se questo non bastasse, la legge italiana non
dice nulla a proposito delle polveri sottili, prende in considerazione solo le
particelle con un diametro aerodinamico medio di 10 micron (PM10). E pensare
che sono quelle sottili realmente patogene, con una patogenità che aumenta in
modo quasi esponenziale con il diminuire del diametro della particella. In
questo modo i fantomatici ‘termovalorizzatori’ sono totalmente a norma e
apparentemente non costituiscono un problema per la salute delle persone.
Queste sono alcune delle conclusioni a cui sono giunti il dott.
Strefano Montanari e la moglie, la dott.ssa Antonietta Gatti, attraverso gli
studi condotti sulle nanoprticelle utilizzando un microscopio elettronico a
scansione ambientale. Da questa primavera i due ricercatori sono stati privati
di questo importantissimo mezzo di lavoro, che ha consentito loro di
raggiungere risultati sulle polveri sottili prima insperati. Per motivi non ben
definiti il potente microscopio – del valore di 350.000 euro – è dovuto tornare
alla CNR, bloccando inesorabilmente le loro ricerche. A questo punto è entrato
in scena Beppe Grillo, sempre in prima fila per le questioni ambientali,
lanciando una sottoscrizione per poter ricomprare il microscopio. A Luglio,
l’Associazione Carlo Bortolani Onlus, promotrice della raccolta fondi, ha reso
noto che è stata raggiunta la cifra di Euro 195mila, sui 378mila da
raccogliere. Un ottimo risultato che necessita però di essere consolidato.
Chi intendesse aderire alla sottoscrizione attraverso il versamento di
un contributo economico (ricordando che potrà beneficiare della detrazione
fiscale) potrà farlo sul Conto Corrente Bancario n. 513111, intestato ad
Associazione Carlo Bortolani Onlus presso Banca Etica (Sede centrale di
Padova), ABI: 05018, CAB: 12100, CIN: J, IBAN: IT45J0501812100000000513111,
Codice BIC: CCRTIT2T84A oppure tramite carta di credito e attraverso il
servizio - gratuito e sicuro - di Pay Pal (www.paypal.it). In questo caso il
donatore non dovrà pagare alcuna commissione. Basterà indicare come
destinatario del versamento l’indirizzo di posta elettronica
onluscarlobortolani@reggionelweb.it . In ultimo, dopo tutte queste
considerazioni vorrei fare una proposta alle istituzioni: l’acquisto di una
bella casetta, a tutti i sostenitori del raddoppio, nelle adiacenze
dell’impianto, con un ridente giardinetto dove fare giocare i loro
bambini.
Volantino del WWF
ITALIA
5 SETTEMBRE 2006
GIORNATA MONDIALE CONTRO L’INCENERIMENTO – 6 SETTEMBRE
2006
SPUNTI E
RIFLESSIONI
Le ragioni per cui il WWF aderisce alla giornata
mondiale contro l’incenerimento dei rifiuti sono le stesse per le quali la
nostra Associazione ha da sempre espresso forti critiche alla pratica del
bruciare rifiuti. Si tratta di motivazioni di natura prettamente tecnica e non
certo ideologica.
Tutti i dati dimostrano
come un qualunque approccio di tipo impiantistico al problema di
gestione dei rifiuti risulti fallimentare: nessun impianto, di qualunque tipo
esso sia potrà mai risolvere un problema che è gestionale e fortemente
connesso ai modelli di produzione e consumo oggi dominanti.
E’ per tale motivo che
il WWF vede nello “Zero waste” (“rifiuti zero”) l’obiettivo
ultimo di sostenibilità verso cui tendere: occorre fare si che da qui al 2020
si arrivi ad azzerare lo smaltimento di rifiuti. Concetti come Riduzione,
Riuso, Riciclaggio finalizzato al Recupero di materia sono alcuni dei
naturali ingredienti di una strategia complessa e articolata di gestione
sostenibile dei rifiuti.
Sappiamo ormai che esistono
soluzioni gestionali all’avanguardia che permettono di ridurre la
produzione di rifiuti e che spingono le raccolte differenziate ben oltre l’80%,
sappiamo che è possibile rivedere i modi in cui le merci si producono, sappiamo
che si possono realizzare prodotti fatti per durare e facilmente riparabili
piuttosto che “usa e getta”, sappiamo che i sistema di raccolta “porta a porta”
se ben fatti costano meno e motivano di più il cittadino, sappiamo tante cose e
sappiamo anche che l’incenerimento oltre ai gravi problemi sanitari che arreca
non risolve il problema rifiuti.
I fantasiosi nomi che
sono stati dati in Italia agli inceneritori (termovalorizzatori,
termodistruttori) appaiono forvianti e palesemente errati dal punto di vista
scientifico: la fisica ci insegna che la materia non può essere distrutta ma
solo trasformata e secondo il principio di conservazione della massa tutto ciò
che bruciamo lo ritroviamo in parte in forma gassosa (fumi) e in parte solida
(ceneri e scorie). Altrettanto falso è affermare che il bruciare i rifiuti
equivalga a valorizzarne il contenuto energetico, è vero piuttosto il
contrario: bruciare rifiuti ha poco senso proprio dal punto di vista energetico
giacché con detta pratica si arriva a recuperare unicamente il potere
calorifico, pari solo a circa ¼ dell’energia complessiva incorporata nel
rifiuto. Una corretta analisi energetica dimostra inequivocabilmente come
sarebbe possibile recuperare molta più energia con il riciclaggio
(recupero di materia).
Occorre dire peraltro
che la politica di gestione dei rifiuti in Italia è totalmente
ribaltata. Il nostro paese, estremamente deficitario nel promuovere politiche
di riduzione e di riciclo, sembra aver scoperto la apparente convenienza di
bruciarli in impianti di generazione elettrica fortemente incentivati
attraverso la tariffa nazionale che permette di scaricare sulle bollette
elettriche i costi di politiche di smaltimento dei rifiuti: è quanto
accaduto con i sistemi CIP 6 e dei Certificati Verdi che invece di premiare
le fonti rinnovabili vere (solare, eolico, biomasse) hanno scorrettamente
avvantaggiato le cosiddette assimilate, vale a dire scarti di raffineria,
combustibili fossili e i rifiuti che secondo la normativa europea non possono
essere considerati fonti rinnovabili.
Secondo i dati
dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (“Relazione annuale sullo stato
dei servizi e sull’attività svolta”), presentati nel giugno del 2005, oltre
l’80% dell’energia incentivata con il meccanismo CIP6 è attribuibile alle
assimilate e non alle rinnovabili. Una distorsione che il meccanismo dei
Certificati Verdi, finanziando l’incenerimento dei rifiuti, rischia di
proseguire a discapito delle energie veramente pulite. E’ ampiamente noto e
documentato come la pratica del bruciare i rifiuti sia estremamente costosa e
resa possibile solo avvalendosi di meccanismi di finanziamento pubblico.
I costi dello
smaltimento dovrebbero essere compresi unicamente nelle tariffe rifiuti,
altrimenti il rischio è che le politiche di riduzione vengano ostacolate dalla
necessità di alimentare diseconomici impianti di generazione (in realtà
di smaltimento) profumatamente remunerati, altamente inefficienti e inquinanti.
Solo una volta poste, quindi,
in essere tutte le attività per la riduzione, il riutilizzo, il riuso e il
riciclaggio si potrà ragionare sulle migliori modalità di trattamento della
frazione residuale dei rifiuti, nel pieno rispetto della salute dei
cittadini e dell’ambiente. Oggi non è possibile acconsentire alla costruzione
si nuovi inceneritori che, per di più, si avvalgano delle incentivazioni
distorte garantite dal CIP6 o dai certificati verdi.
Rassegna stampa
Da
Il nuovo giornale di Modena
del 14 LUGLIO
2006
Pubblichiamo
integralmente la lettera inviata da Vittorio Ballestrazzi, Presidente della
sezione modenese del WWF.
Egr. direttore,
come
rappresentante del WWF al tavolo di garanzia, istituito dalla provincia di
Modena per controllare il processo di attuazione del piano provinciale gestione
rifiuti, ritengo che il documento dell'Ordine dei Medici illustrato dal dott.
D'Autilia nell'audizione del 12 luglio in provincia sia, per chiarezza e
competenza, quanto di meglio sia uscito a Modena riguardante gli effetti sulla
salute del progettato raddoppio dell'inceneritore.
Ed è preoccupante a mio parere che l'assessore alla pianificazione e
programmazione territoriale, nel suo intervento, non abbia fatto nessun cenno
al motivo per cui a Modena Nord sono localizzati inceneritore, depuratore,
discarica, alta velocità etc.etc... Sicuramente, visto che questa
amministrazione governa la città da 60 anni, ci saranno dei motivi sconosciuti
al sottoscritto e, spero, non alla maggioranza dei modenesi.
Ancora più preoccupante che l'assessore all'ambiente e presidente del tavolo di
garanzia non abbia sentito il bisogno di difendere l'ambiente e la salute
pubblica (principio guida dello svolgimento dei lavori del tavolo) entrando nel
merito del documento ma lo abbia bollato come superficiale e mancante di
riferimenti scientifici. Preoccupante per tutti i cittadini modenesi che
nessuno dei politici presenti, ed erano tanti, non abbia rilevato che la
soluzione alle problematiche sollevate dal documento dell'Ordine era “fresca di
giornata”. Proprio ieri era uscita la classifica di Legambiente riguardante i
comuni ricicloni (quelli che hanno la percentuale di raccolta differenziata più
alta) e otto dei primi dieci di quei comuni sono della provincia di Treviso e
come gestore del servizio rifiuti hanno il Consorzio Priula
(www.consorziopriula.it), consorzio che della raccolta differenziata porta a
porta, quella vera, ha fatto lo scopo principale della sua attività con
percentuali che vanno oltre l'80%. In quelle zone, che non si trovano in un
altro pianeta, nasceranno bimbi che non vedranno mai un inceneritore davanti a
casa, non sapranno cos'è un cassonetto e, appena saranno in grado di camminare,
potranno fare il girotondo della discarica del loro comune perchè sarà piccola
e non inquinerà.
Vittorio Ballestrazzi
Rassegna stampa
Da
Il nuovo giornale di Modena
del 21 GIUGNO 2006
Nell'area
limitrofa all'inceneritore di Modena non si sono evidenziati nel biennio
2003-2004 aumenti del rischio di aborto tra i residenti e fra le lavoratrici e
lo stesso risultato e' stato riscontrato rispetto alle malformazioni congenite.
E' quanto emerge da un'indagine condotta dall'Universita' di Modena e Reggio
Emilia eseguita nell'ambito delle prescrizioni richieste dalla procedura di
Valutazione dell'impatto ambientale. Lo studio e' stato inviato all'Azienda Usl
di Modena che in questi giorni ha comunicato alla Provincia il proprio parere
rispetto alle richieste della procedura di Via. Per l'Ausl si tratta ancora di
"un'indagine preliminare", in quanto relativa per ora a un periodo
ridotto, ma che permette comunque "di validare positivamente la
fattibilita' ed il metodo impiegato per questo studio". Dallo studio
emerge che per quanto riguarda gli aborti spontanei sono stati rilevati 14
casi, rispetto ai 13,9 attesi in base all'incidenza del fenomeno nella intera
popolazione modenese. Per le malformazioni congenite sono stati rilevati 3 casi
rispetto ai 4,5 attesi. Lo studio, denominato "Programma di sorveglianza
sanitaria della popolazione residente ed addetta ad attivita' professionali
nell'area limitrofa all'inceneritore per rifiuti solidi urbani di Modena",
proseguira' fino al 2011 allo scopo di permettere un confronto dei dati
relativi ai periodi prima e dopo l'avvio del potenziamento dell'inceneritore di
Modena.
MERCOLEDÌ, 21 GIUGNO 2006
“NOTA DEL COMITATO MODENA SALUTE E AMBIENTE”
MODENA - Il “Comitato
Modena Salute e Ambiente” con una nota ribadisce la propria posizione in merito
al raddoppio dell’inceneritore, soprattutto dopo le reazioni suscitate dalla
posizione della relazione dell’Ausl e al documento, in netto contrasto,
prodotto dall’Ordine dei medici. “Anzitutto, plaudiamo senza riserve al
ricco e argomentato documento dell’Ordine dei Medici. Ci lasciano estremamente
perplessi le successive prese di posizione del Sindaco, del Presidente della
Provincia e dell’AUSL. Per il comitato è inconcepibile il loro l’atteggiamento.
“Essi, anziché accogliere il contributo dell’Ordine, si sono rinchiusi a riccio
cavillando su articoli e commi in tema di competenze sulla salute pubblica. La
salute pubblica è un bene comune e ogni parere, tanto più quando sia
doppiamente autorevole, per scienza e per esperienza, va accolto come il
benvenuto” . Il comitato esprime soprattutto il proprio sdegno per
l’atteggiamento assunto dal sindaco. “Sul tema siamo in presenza di due
opinioni contrastanti di Ausl e dell’Ordine dei Medici, e il Sindaco, garante
per legge della salute pubblica, piuttosto che sentire l’esigenza di un serio
approfondimento, appoggia a spada tratta l’opinione di Ausl; che significa
avanti tutta con il raddoppio dell’inceneritore e nessuno si permetta di
dubitare della bontà delle procedure e dei controlli fin qui condotti.
Possibile che il mondo politico locale, di fronte a insistenti segnali
d’allarme internazionali, italiani e modenesi, non senta l’esigenza di misurare
quale impatto reale abbia avuto sulla salute dei cittadini l’inceneritore
esistente da 25 anni e, di conseguenza, di prevedere quali danni ci si possa
aspettare da un raddoppio dell’impianto? E’ in gioco la qualità dell’ambiente e
della vita; già oggi disastrata e sfuggita ad ogni controllo”. Il comitato
inoltre fornisce i numeri di quello che è un reale pericolo per le persone che
abitano a Modena. “Dall’inizio dell’anno, a Modena, le polveri sottili misurate
da Arpa hanno superato 57 volte su 171 il limite ammesso. Se si va avanti così,
quel limite che secondo le regole si può superare solo 35 volte l’anno sarà
violato più di cento volte nel 2006, cioè un giorno su tre. Non è difficile
immaginare che a raddoppio concluso, e per i prossimi 25 anni, l’aria, già
greve di veleni, diventerà ancora più micidiale per i nostri organismi, posto
che non c’è filtro capace di fermare le polveri sottili e, ancor più, le micidiali
polveri supersottili”. E’ impossibile non sentire l’esigenza di dare voce a
queste reali e concrete preoccupazioni…
Rassegna stampa
Dal
Notiziario FIMMG - Federazione
Italiana Medici di Medicina Generale, MAGGIO
2006
Gli
inceneritori di ultima generazione con le loro alte temperature nei forni
contribuiscono grandemente alla immissione nell'ambiente di polveri finissime
che costituiscono un rischio sanitario ben più grave delle note polveri PM10.
L'incenerimento dei rifiuti, fra tutte le tecniche di smaltimento, è quella più
dannosa per l'ambiente e per la salute umana. Gli inceneritori producono ceneri
(sono un terzo del peso dei rifiuti in ingresso e si devono smaltire in
discariche speciali) e immettono nell'atmosfera milioni di metri cubi al giorno
di fumi inquinanti, contenenti polveri grossolane (PM10) e fini (PM2,5)
costituite da nanoparticelle di metalli pesanti, idrocarburi policiclici,
policlorobifenili, benzene, diossine, estremamente pericolose perché
persistenti e accumulabili negli organismi viventi. Queste "nanopolveri", sfuggendo ai filtri
dell'inceneritore, non vengono nemmeno rilevate dagli attuali sistemi di
monitoraggio delle emissioni degli inceneritori e non sono previste dai limiti
di legge cui gli impianti devono sottostare. Inoltre a fronte di emissioni
cancerogene identificate da tempo dai ricercatori (diossine, furani, metalli
pesanti) gli inceneritori emettono centinaia di sostanze di cui è sconosciuto
l'impatto sulla salute umana, così come risultano non ancora indagati gli
effetti della combinazione di vari inquinanti. Ogni processo di combustione
produce particolato. Se è vero che la natura è produttrice di queste polveri
(vulcani), è pure vero che le polveri di origine naturale costituiscono una
frazione minoritaria del totale che oggi si trova in atmosfera. È l'uomo il
grande produttore di particolato, soprattutto quello più fine: più elevata è la
temperatura alla quale un processo di combustione avviene, minore è la
dimensione delle particelle che ne derivano. Si tratta di particelle
inorganiche, non biodegradabili né biocompatibili. La combustione trasforma
anche i rifiuti innocui, come imballaggi e scarti di cibo, in composti tossici
e pericolosi, sotto forma di emissioni gassose, polveri fini, ceneri volatili e
residue che richiedono costosi sistemi per la neutralizzazione e lo stoccaggio.
Perciò è opportuno che si incentivi una politica della produzione, raccolta
differenziata, riciclaggio, recupero dei rifiuti. Le micro e nanoparticelle,
prodotte in qualsiasi modo, una volta entrate nell'organismo innescano tutta
una serie di reazioni che possono tramutarsi in malattie. Le forme patologiche
più comuni sono le neoplasie, ma ci sono anche malformazioni fetali, malattie
infiammatorie allergiche e perfino neurologiche. L'incenerimento dei rifiuti è
inoltre il sistema più costoso per lo smaltimento dei rifiuti e tutti gli
italiani, a loro insaputa, pagano generosi incentivi a suo sostegno. Il 7%
dell'importo della bolletta elettrica che pagano è infatti devoluto, sotto forma
di sussidi, anche alla costruzione degli inceneritori: basta prendere una
fattura dell'ENEL per leggere, sul retro, nella parte delle varie voci e costi:
"Componente A3 - Costruzione impianti fonti rinnovabili". La somma
che compare a fianco viene devoluta ai gestori di inceneritori di rifiuti
perché, la legge italiana assimila alle varie fonti energetiche rinnovabili non
fossili, quali l'eolica ed il solare, quella ricavata dall'incenerimento di
ogni tipologia di rifiuti urbani ed industriali. Oltre a questa fetta di
incentivi prelevati dalle tasche degli utenti, i gestori degli inceneritori
ricevono, da parte dello Stato, altri sussidi. L'Italia è quindi l'unico Stato
europeo che finanzia l'incenerimento dei rifiuti. Tutti gli altri Stati membri
(Austria, Belgio, Danimarca, Germania)impongono ai gestori di inceneritori di
pagare una tassa per ogni tonnellata di rifiuti bruciati, disincentivando
l'incenerimento dei rifiuti”.
Maggio 2006
Nel
1999, grazie ad una tecnica particolare da lei messa a punto, la dottoressa
Antonietta Gatti, ricercatrice dell’Università di Modena, scoprì che particelle
inorganiche di dimensioni dal centomillesimo al miliardesimo di metro possono
entrare nell’organismo attraverso inalazione ed ingestione e, trasportate dal sangue,
finire in diversi organi dove restano imprigionate e da dove possono innescare
tutta una serie di malattie classificate finora come criptogeniche, cioè di
origine ignota. Tra queste malattie ci sono parecchie forme di cancro.
Un’ulteriore scoperta è che queste particelle possono finire nello sperma e, da
lì, nell’ovulo, non sappiamo con quali conseguenze. Nel 2001 la Comunità
Europea finanziò la ricerca con un milione di Euro, somma che servì ad
acquistare un microscopio elettronico a scansione ambientale e a sostenere
l’inizio della ricerca. Da allora, le scoperte si sono susseguite e, tra
queste, la spiegazione dell’origine della cosiddetta Sindrome dei Balcani,
l’insieme di malattie, cioè, che colpisce i militari ed i civili coinvolti
nella guerra combattuta nella ex-Jugoslavia. La particelle responsabili delle
malattie hanno una provenienza abbastanza varia, ma sempre riconducibile ad
inquinamento, sia esso di origine industriale, venga dal traffico o, per
fortuna più raramente, dall’esplosione di ordigni bellici, ordigni che non
sono, però, limitati alle zone di guerra ma anche ai territori dei poligoni di
tiro militari. Gli inquinanti particolati diventano sempre più comuni nell’aria
che respiriamo e nei cibi che mangiamo, e poco o nulla si fa per difendersi,
anche per l’ignoranza, non sempre involontaria, che avvolge l’argomento. Ora il
denaro concesso è esaurito e con il denaro rischia di esaurirsi la ricerca.
Ricerca che sarà fondamentale nel prossimo futuro quando saremo invasi dalle
nanoparticelle usate per scopi "pseudoutili" come, ad esempio, per
rivestire i vetri per non farli sporcare o gli indumenti per non farli
macchiare.
Aprile 2006
Tanta
gente così nel Consiglio Comunale di Reggio Emilia non si era mai vista nella
storia repubblicana di questa città. I tre piani della Sala del Tricolore (dove
nel 1797 nacque il Primo Tricolore) erano gremiti di gente per ascoltare la
relazione sulle nanopolveri e sulla pericolosità degli inceneritori del
ricercatore Stefano Montanari. Duecento persone non sono potute entrare perchè
dentro era "tutto esaurito". Un vero esempio di democrazia diretta
con i cittadini-datori di lavoro che hanno preso d'assedio la casa dei loro
dipendenti.
Un lunghissimo applauso ha accompagnato la fine della relazione di Montanari da
parte di tutti i reggiani presenti. Poi il rovesciamento delle parti. I
consiglieri di Forza Italia, AN e Udc che si schieravano, convinti, contro gli
inceneritori. L'Udc anche contro la mia presenza in consiglio comunale, ma cosa
avrò mai scritto di male contro casinigiovanardicuffaro?.I soliti DS, i nuovi
socialisti sono loro, tentennavano e difendevano questo sistema folle di
smaltimento rifiuti. La Margherita affermava di essere contro gli inceneritori,
ma però non votava la mozione firmata da 800 cittadini contro gli stessi. In
realtà nelle teste di questi dipendenti era già tutto deciso, perchè sono solo
dei portaordini. Alla fine la mozione contro l’inceneritore è stata votata da
10 consiglieri, della Cdl e di due Liste Civiche locali di area di
centrosinistra con il voto contrario di 17 consiglieri (Ds, Margherita, il
capogruppo di Rifondazione) e 6 astenuti (Verdi, Rifondazione, Pdci, Udeur).
Quindi la mozione, grazie al centro sinistra, è stata bocciata. Pur di non fare
una figura totalmente di cacca la maggioranza di centro sinistra di Reggio
Emilia ha votato un ordine del giorno dove si chiede al nuovo governo del loro
concittadino di:
-
varare una legge sui rischi da nanopolveri e conseguenti nanopatogie(a questo
punto però non si capisce perchè non si schieri contro gli inceneritori se
ritiene che le nanopolveri siano pericolose)
-
modificare la disastrosa legge delega ambientale varata dal precedente governo.
Sono
stati inseriti concetti importanti e alternativi agli inceneritori come il
trattamento biologico per lo smaltimento dei rifiuti residui. La palla ora
passa alla Provincia.
Questo
blog vigilerà su Reggio Emilia che è diventata di fatto la capitale della lotta
agli inceneritori.
Avanti con le prossime tappe!
Marzo 2006
Martedì
e mercoledì scorso, nel corso dei due spettacoli al Palapanini di Modena è
intervenuto Stefano Montanari, il ricercatore modenese che, insieme con la
moglie Antonietta Gatti, ha studiato gli effetti sull’organismo delle
particelle inorganiche prodotte da tutti i tipi di combustione, dalle bombe
all’uranio impoverito alle centrali elettriche ad oli pesanti e a carbone
cosiddetto pulito, dai motori d’automobile con gli pseudofiltri antiparticolato
fino agli inceneritori costruiti secondo le BAT (Best Available Technologies,
vale a dire le migliori tecnologie disponibili). La scoperta è che quelle
particelle sono capaci di entrare con grande facilità nell’organismo, fino al
nucleo delle cellule, e di provocare tutta una serie di malattie, alcune forme
di cancro comprese, senza che esistano meccanismi biologici capaci di
eliminarle. E più queste sono piccole, più penetrano e più guai fanno. Gli
inceneritori producono quantità immense di questa roba, trasformando rifiuti
grossolani e puzzolenti, ma non dannosi, in oggettini micidiali. Il trucco sta
nell’innalzare la temperatura d’esercizio dell’impianto in modo da produrre
particelle così piccole da sfuggire alle centraline di controllo (quelle
arrivano a vedere le particelle di 10 micron e gli inceneritori moderni fanno
polveri molto più fini) e da far sembrare l’aria pulita, quando, invece, è
piena di sozzura molto più aggressiva per la salute che non le vecchie PM10. A Reggio
Emilia, il Comune ha deciso di costruire un
nuovo inceneritore tre volte più grande (170.000 tonnellate l'anno bruciate) al
posto di quello attuale nonostante le richieste dei cittadini, e rifiutava di
ascoltare i risultati dei ricercatori modenesi (i quali lavorano, tra l’altro,
a New York sui sopravvissuti al crollo dell’11 settembre, e in Bosnia ed Iraq
sui militari ammalati di Sindrome del Golfo e dei Balcani, e sono anche stati
anche a riferire delle loro ricerche alla Camera dei Lords di Londra). Così sono
state raccolte 800 firme, per statuto più che sufficienti per far parlare
Montanari in consiglio comunale, e mercoledì
a mezzogiorno siamo andati in municipio a
consegnarle al sindaco il quale, un po’ imbarazzato, davanti ad un sacco di
gente ha ascoltato la spiegazione del perché, tra tutte le maniere di liberarsi
dei rifiuti, l’incenerimento è quello che non regge dal punto di vista scientifico.
Sempre per statuto il comune ha 30 giorni di tempo per invitare Montanari a
riferire in consiglio. Tutti gli studi sono eseguiti con un microscopio
particolare e molto costoso che i due ricercatori rischiano di vedersi tolto
dopo la pubblicazione delle loro analisi. E allora bisogna dargliene un altro.
Per ora, l’incasso di una delle due mie serate è andato per intero in conto
acquisto dell’apparecchio. Poi, vedremo.
Marzo 2006
Hanno
dato troppo fastidio e li hanno puniti. Scoperchiare certi pentoloni in cui
bollono inceneritori, acciaierie e centrali elettriche ad olio pesante, e fare
ombra a tromboni e pseudoscienziati sono attività che non attirano simpatie.E
allora, non potendoli attaccare scientificamente, si è pensato di togliere lo
strumento con cui Antonietta Gatti e Stefano Montanari provocano grossi fastidi. Si tratta di un microscopio elettronico a scansione
ambientale del costo di circa 350.000 euro con il quale i due hanno scoperto i
meccanismi con cui le nanoparticelle prodotte dalle combustioni sono capaci di
uccidere, e con questo il perché delle malattie che colpiscono i reduci dalle
guerre del Golfo e dei Balcani, come funziona la truffa scientifica che sta dietro
gli inceneritori, che cosa viene scaricato nell’ambiente dai tre milioni di
tonnellate di oli pesanti bruciati ogni anno da una centrale elettrica e un
sacco di altre cosette che hanno aperto una strada del tutto nuova nel campo
della medicina. Via il microscopio e noi, che non ci possiamo permettere di
perdere Antonietta e Stefano, gli daremo un altro microscopio. In fretta e più
potente del primo. Da oggi parte una sottoscrizione per l’acquisto da parte
della Associazione Carlo Bortolani Onlus. Io ho già dato il buon esempio
devolvendo l’incasso della serata di Modena del 28 febbraio, i ragazzi dei
Meetup si stanno attivando e tutti potrete rinunciare ad una pizza per non
trovarvi la prossima piena d’inquinanti.
Tutto sulle
Nanoparticelle
Di seguito riportiamo
alcune informazioni sul laboratorio Nanodiagnostics e sugli studi del Dott.
Stefano Montanari e della Dott.ssa Gatti per comprendere al meglio il perché
della scelta di sostenere questa battaglia “contro le nanopolveri”.
Che cosa sono le
nanopatologie
Per “nanopatologie”
s’intendono le malattie provocate da micro- e nanoparticelle inorganiche che
sono riuscite, per inalazione od ingestione, ad insinuarsi nell’organismo e si
sono stabilite in un organo o in un tessuto.
Le particelle sono
liberate naturalmente in atmosfera dai vulcani attivi, dagl’incendi,
dall’erosione delle rocce, dalla sabbia sollevata dal vento, ecc. In genere, le
particelle di queste provenienze sono piuttosto grossolane. Spesso più sottili
e normalmente assai più numerose, sono le particelle originate dalle attività
umane, soprattutto quelle che prevedono l’impiego di processi ad alta
temperatura. Tra questi processi, il funzionamento dei motori a scoppio, dei
cementifici, delle fonderie e degl’inceneritori.
I concetti
fondamentali da ricordare sono:
1. Qualsiasi sorgente ad alta temperatura provoca la formazione di particolato.
2. Più elevata è la temperatura, minore è la dimensione delle particelle
prodotte.
3. Più la particella è piccola, più questa è capace di penetrare nei tessuti.
4. Non esistono meccanismi biologici od artificiali conosciuti capaci di
eliminare il particolato una volta che questo sia stato sequestrato da un
organo o un tessuto.
Procedimenti
I
campioni esaminati nel laboratorio possono essere suddivisi in due grosse
categorie:
- Campioni biologici provenienti da paziente come biopsie tissutali, liquido
seminale, sangue, feci, sudore, ecc. nei quali vengono cercate le nanoparticelle.
Dalle biopsie vengono ricavate sezioni istologiche mediante taglio al microtomo
o al criostato. A questo scopo vengono applicate procedure molto simili a
quelle utilizzate nei laboratori di anatomia patologica (fissazione,
processamento, taglio, ecc.). Le uniche modifiche rispetto ai protocolli
standard rispondono all’esigenza di non-inquinamento del campione e di
non-interferenza con la microanalisi.
I campioni liquidi vengono invece deposti e/o strisciati su supporti adeguati
ed esaminati tal quali al microscopio.
- Campioni ambientali di riferimento, come polveri, prodotti alimentari,
biomateriali, farmaci, ecc. che costituiscano una potenziale origine delle
nanoparticelle trovate nei pazienti. Solitamente questi non richiedono alcun
tipo di preparazione e possono essere esaminati tal quali.
Tutti i campioni, sia biologici sia ambientali, dopo eventuale preparazione
vengono montati su supporti composti da materiale che non interferisca con la
visione al microscopio e con la microanalisi.
In tutte le fasi che precedono l’analisi, dalla raccolta e trasporto fino alla
preparazione, è necessario evitare che il campione venga inquinato da polveri
ambientali eliminando ogni possibile fonte di contaminazione. Grande importanza
viene data alla pulizia dell’ambiente di laboratorio, dei contenitori di
stoccaggio e trasporto, delle strumentazioni e dei reagenti utilizzati.
Inoltre, ogni passaggio delle procedure di preparazione viene verificato in
modo da garantire la attendibilità dell’analisi finale.
FONTI DI INQUINAMENTO:
Cibo:
Pur non in maniera estensiva, sono già stati eseguiti alcuni controlli sul cibo
e sulle materie prime alimentari. Particelle di natura metallica e ceramica
sono state individuate in diversi campioni di grano. Per la maggior parte,
questi inquinanti solidi sono indubbiamente di origine ambientale. Ad esempio,
grano inquinato da particelle di ferro è stato individuato in un campo in
prossimità di una linea ferroviaria.
Ma particelle inorganiche inquinanti sono state rinvenute anche nei prodotti
finiti come pane e biscotti. E’ ragionevole pensare che la maggiore presenza
d’inquinanti nel prodotto finito possa essere introdotta principalmente dai
macchinari usati nei processi di lavorazione.
Altro materiale particolato è stato individuato nel fieno, in alimenti quali
omogeneizzati per bambini, verdure, e carni. Può essere interessante osservare
come particelle di cobalto, cromo, tungsteno e niobio siano state rinvenute nel
fegato di acciughe dell’Adriatico e tungsteno nel fegato di pesci gatto pescati
in Emilia. Risulta evidente come, una volta che il particolato micro- e
nano-dimensionato non biodegradabile sia entrato nella catena alimentare, se
non si studieranno e si applicheranno tecniche ad hoc sarà molto arduo se non
impossibile liberarsene prima che questo sia arrivato all’uomo.
Inceneritori:
Ormai non esiste più alcun dubbio a livello scientifico: le micro- e
nanoparticelle, comunque prodotte, una volta che siano riuscite a penetrare
nell’organismo innescano tutta una serie di reazioni che possono tramutarsi in
malattie. Le nanopatologie, appunto.
Se è vero che le manifestazioni patologiche più comuni sono forme tumorali, è
altrettanto vero che malformazioni fetali, malattie infiammatorie, allergiche e
perfino neurologiche sono tutt’altro che rare. A prova di questo, basta
osservare ciò che accade ai reduci, militari o civili che siano, delle guerre
del Golfo o dei Balcani o a chi sia scampato al crollo delle Torri Gemelle di
New York e di quel crollo ha inalato le polveri.
“Comunque prodotte”, ho scritto sopra a proposito di queste particelle che sono
inorganiche, non biodegradabili e non biocompatibili. E l’ultimo aggettivo è
sinonimo di patogenico. Il fatto, poi, che siano anche non biodegradabili, vale
a dire che l’organismo non possieda meccanismi per trasformarle in qualcosa di
eliminabile, rende l’innesco per la malattia “eterno”, dove l’aggettivo eterno
va inteso secondo la durata della vita umana.
Le particelle di cui si è detto hanno dimensioni piccolissime, da qualche
centesimo di millimetro fino a pochi milionesimi di millimetro, e più queste
sono piccole, più la loro capacità di penetrare intimamente nei tessuti è
spiccata; tanto spiccata da riuscire perfino, in alcune circostanze e al di
sotto di dimensioni inferiori al micron (un millesimo di m millimetro), a
penetrare nel nucleo delle cellule senza ledere la membrana che le avvolge.
Come questo accada sarà il tema di un incipiente progetto di ricerca europeo
che vedrà coinvolto come coordinatore il nostro gruppo.
Se è vero che la natura è una produttrice di queste polveri, e i vulcani ne
sono un esempio, è pure vero che le polveri di origine naturale costituiscono
una frazione minoritaria del totale che oggi si trova sia in atmosfera
(atmosfera significa ciò che respiriamo) sia depositato al suolo, ed è pure
vero che la loro granulometria media è, tutto sommato, relativamente
grossolana.
È l’uomo il grande produttore di particolato, soprattutto quello più fine.
Questo perché la
tecnologia moderna è riuscita ad ottenere a buon mercato temperature molto
elevate a cui eseguire le più svariate operazioni, e, in linea generale e a
parità di materiale bruciato, più elevata è la temperatura alla quale un
processo di combustione avviene, minore è la dimensione delle particelle che ne
derivano. A questo proposito, occorre anche tenere conto del fatto che ogni
processo di combustione, nessuno escluso, produce particolato, sia esso
primario o secondario. Per particolato primario s’intende quello che nasce
direttamente nel crogiolo, per secondario, invece, quello che origina dalla
reazione tra i gas esalati dalla combustione (tra gli altri, ossidi di azoto e
di zolfo) e la luce, il vapor d’acqua e i composti principalmente organici che
si trovano in atmosfera.
Al momento attuale, la legge prescrive che l’inquinamento particolato dell’aria
sia valutato determinando la concentrazione di particelle che abbiano un
diametro aerodinamico medio di 10 micron - le ormai famose PM10 - e prescrive
che la valutazione avvenga per massa. Nulla si dice ancora, invece, a proposito
delle polveri più sottili: le PM2,5 (cioè particelle con un diametro
aerodinamico medio di 2,5 micron), le PM1 (diametro da 1 micron) e le PM0,1
(diametro da 0,1 micron). Sono proprio quelle le polveri realmente patogene,
con una patogenicità che cresce in modo quasi esponenziale con il diminuire del
diametro. E per avere un’idea degli effetti sulla salute di queste poveri
occorre che le particelle siano non pesate ma classificate per dimensione e
contate. Dal punto di vista pratico, la massa di una particella da 10 micron
corrisponde a quella di 64 particelle da 2,5 micron, oppure di 1.000 da un
micron, oppure, ancora, a quella di 1.000.000 di particelle da 0,1 micron.
Perciò, valutare il particolato in massa e non per numero e dimensione delle
particelle non dà indicazioni utili dal punto di vista sanitario e può, anzi,
essere fuorviante.
Venendo al problema dell’inquinamento da rifiuti, è ovvio che questi debbano,
in qualche modo, essere smaltiti.
A questo punto, è necessario ricordare la cosiddetta legge di Lavoisier o della
conservazione della massa. Questa recita che in una reazione chimica la massa
delle sostanze reagenti è uguale alla massa dei prodotti di reazione. Il che
significa che, secondo le leggi che regolano l’universo, noi riusciamo solo a
trasformare le sostanze, ma non ad annullarne la massa.
Ciò che avviene quando s’inceneriscono i rifiuti, dunque, altro non è se non la
loro trasformazione in qualcosa d’altro, e questa trasformazione è ottenuta tramite
l’applicazione di energia sotto forma di calore.
Stante tutto ciò che ho scritto sopra e che è notissimo sia tra gli scienziati
sia tra gli studenti delle scuole medie, se noi bruciamo l’immondizia, altro
non facciamo se non trasformarla in particelle tanto piccole da farle
scomparire alla vista e, con i cosiddetti “termovalorizzatori” – una parola che
esiste solo in Italiano e che evoca l’idea ingenuamente falsa che si ricavi
valore economico dall’operazione – la trasformazione produce particelle ancora
più minute e, dunque, più tossiche.
Malauguratamente, non esiste alcun tipo di filtro industriale capace di
bloccare il particolato da 2,5 micron o inferiore a questo, ma, dal punto di
vista dei calcoli che si fanno in base alle leggi vigenti, questo ha ben poca
importanza: il “termovalorizzatore” produce pochissimo PM10 (peraltro, la legge
sugl’inceneritori prescrive ancora la ricerca delle cosiddette polveri totali
ed è, perciò, ancora più arretrata) e la quantità enorme di altro particolato
non rientra nelle valutazioni. Ragion per cui, a norma di legge l’aria è
pulita. Ancora malauguratamente, tuttavia, l’organismo non si cura delle leggi
e le patologie da polveri sottili (le PM10 sono tecnicamente polveri
grossolane), un tempo ignorate ma ora sempre più conosciute, sono in costante
aumento. Tra queste, le malformazioni fetali e i tumori infantili.
Tornando ala legge di Lavoisier, uno dei problemi di cui tener conto
nell’incenerimento dei rifiuti è la quantità di residuo che si ottiene. Poiché
nel processo d’incenerimento occorre aggiungere all’immondizia calce viva e una
rilevante quantità d’acqua, da una tonnellata di rifiuti bruciata escono una
tonnellata di fumi, da 280 a 300 kg di ceneri solide, 30 kg di ceneri volanti
(la cui tossicità è enorme), 650 kg di acqua sporca (da depurare) e 25 kg di
gesso. Il che significa il doppio di quanto si è inteso “smaltire”, con
l’aggravante di avere trasformato il tutto in un prodotto altamente patogenico.
E in questo breve scritto si tiene conto solo del particolato inorganico e non
di tutto il resto, dalle diossine (ridotte in quantità ma non eliminate
dall’alta temperatura), ai furani, agl’idrocarburi policiclici, agli acidi
inorganici (cloridrico, fluoridrico, solforico, ecc.), all’ossido di carbonio e
quant’altro.
Affermare, poi, che incenerire i rifiuti significa non ricorrere più alle
discariche è un ulteriore falso, dato che le ceneri vanno “smaltite” per legge
(decreto Ronchi) in discariche per rifiuti tossici speciali di tipo B1.
Si mediti, poi, anche sul fatto che l’incenerimento comporta il mancato
riciclaggio di materiali come plastiche, carta e legno. I “termovalorizzatori”
devono funzionare ad alta temperatura e, per questo, hanno bisogno di quei
materiali che possiedono un’alta capacità calorifica, vale a dire proprio le
plastiche, la carta e il legno che potrebbero e dovrebbero essere oggetto di
tutt’altro che difficile riciclaggio.
Tralascio qui del tutto il problema economico perché non rientra nell’argomento
specifico, ma il bilancio energetico è fallimentare e, se non ci fossero le
tasse dei cittadini a sostenere questa forma di trattamento dei rifiuti, a
nessuno verrebbe mai l’idea di costruire impianti così irrazionali.
Rimandando per un trattamento esaustivo dell’argomento ai numerosi testi che lo
descrivono compiutamente, compresi i siti Internet dell’ARPA e di varie AUSL,
la conclusione che qualunque scienziato non può che trarre è che incenerire i
rifiuti è una pratica che non si regge su alcun razionale. Ma, al di là della
scienza, il sensus communis del buon padre di famiglia che per i Romani era
legge può costituire un’ottima guida. Usare i cosiddetti “termovalorizzatori”
spacciandoli per un miglioramento tecnico, poi, non fa che peggiorare la
situazione dal punto di vista del nanopatologo, ricorrendo questi a temperature
più elevate.
Perciò, una pratica simile non può essere in alcun modo presa in considerazione
come alternativa per la soluzione del problema legato allo smaltimento dei
rifiuti, se non altro perché i rifiuti non vengono affatto smaltiti ma
raddoppiati come massa e resi incomparabilmente più nocivi.
PROGETTI:
Progetto Europeo QLRT-2002-147: tossicità delle nanoparticelle
Il progetto Europeo QLRT-2002-147, avvalendosi di studi di microscopia
elettronica a scansione di tipo ambientale secondo una metodica originale ed
innovativa, ha permesso di accertare come tessuti patologici relativi a
malattie criptogeniche di natura oncologica o infiammatoria presentino un
contenuto di particelle inorganiche di dimensioni micro- e/o nano-metriche
(10-8 – 10-5 m), un reperto non rinvenibile, invece, nei tessuti sani.
L’origine di queste particelle è prevalentemente ambientale, dovuta a forme
d’inquinamento sia antropiche sia, in modo meno rilevante, naturali, e la via
d’ingresso nell’organismo umano e animale è attraverso l’inalazione e/o
l’ingestione.
Le particelle entro
le dimensioni di cui si è detto (10-8m è il limite della strumentazione
utilizzata per la ricerca), una volta inalate, sono in grado di entrare
dall’alveolo polmonare nel circolo ematico in tempi assai brevi (un minuto per
quelle nanometriche) e, qui, in soggetti predisposti, esplicare un’azione
trombogenica. Il circolo, poi, le trasporta a vari organi interni (fegato,
reni, cervello, ecc.) dove vengono sequestrate e dove si comportano come corpi
estranei, inducendo la formazione di granulomi e uno stato infiammatorio.
È noto come una
flogosi cronica possa costituire uno stato precanceroso. La fagocitosi
macrofagica appare inefficace nell’eliminazione di questo particolato, dato che
la particella è in ogni caso non biodegradabile e, di conseguenza, morto il
macrofago, questa resta presente nell’organismo che non pare possedere vie
d’eliminazione efficienti. In alcuni casi, è stato possibile osservare ex vivo
particolato delle dimensioni fino all’ordine di grandezza delle centinaia di
nanometri penetrato all’interno di cellule, fino al nucleo, senza lesioni nella
membrana. Nei circa 500 casi patologici finora indagati, oltre a risultare non
biodegradabili, le particelle sono anche state classificate come non
biocompatibili, e quindi, per definizione stessa, patogeniche.
A quanto appare dagli studi fin qui condotti, la nocività del particolato
dipende principalmente dal suo stesso essere corpo estraneo, ma la sua natura
chimica e la conseguente tossicità dei componenti, la sua area di superficie,
la sua dimensione, la sua forma sterica e la sua concentrazione sono fattori
che contribuiscono in modo sensibile ad aumentarne la capacità d’indurre
patologie. Soprattutto critica è la concentrazione a livello tissutale, per cui
è evidente che esiste una soglia al di sotto della quale non paiono innescarsi
processi patologici. Resta da stabilire quale questa soglia sia e come sia
valutabile. Così come resta da stabilire se una simile soglia esista per il
particolato penetrato nel nucleo cellulare.
La patogenicità del particolato inorganico micro- e nanometrico è stata
confermata in vitro su cinque tipi diversi di particelle, presso il laboratorio
francese Biomatech, in corpore vili su ratti nei quali è stata provocata
l’insorgenza di un rabdomiosarcoma con l’iniezione sottocute di particolato, e
tramite diverse centinaia di casi clinici studiati, alcuni dei quali anche di
natura veterinaria.
Il progetto ha dato vita ad una nuova branca della scienza chiamata
Nanopatologia che ha permesso, tra l’altro, di prevedere con largo anticipo
l’insorgenza di malattie simili alle cosiddette sindromi del Golfo e dei
Balcani (anch’esse appartenenti a questa classe di affezioni) nei soggetti scampati
al crollo del World Trade Center di New York e nei soccorritori.
La foto (che raffigura
una nanoparticella di ferro) e il materiale pubblicato e tratto dal sito www.nanodiagnostics.it, il laboratorio dove
avvengono gli studi degli scienziati Dott. Montanari e Dott.ssa Gatti.
Uranio impoverito,
torri gemelle, centrali ad olio combustibile, cancro da nanoparticelle …
ricerche scomode di due scienziati stoppate perché privati dell’indispensabile
strumento di lavoro. Ci pensano ora l’Associazione Carlo Bortolani Onlus e
Beppe Grillo.
14 Marzo 2006: La Dottoressa
Antonietta Gatti dell’Università di Modena e Reggio e il dottor
Stefano Montanari hanno svolto ricerche sulle nanopatologie con
risultati importantissimi riconosciuti a livello mondiale.
Ricerche a volte “scomode”, come quelle sul crollo delle Torri Gemelle
(commissionate dalla Fase di Los Angeles), sulla “sindrome del Golfo” (dove la
Commissione del Senato ha dato l’ok alle tesi della dott.sa Gatti) sui morti
causati da centrali ad olio combustibile come a Rovigo (dove Montanari è
consulente del PM), sui danni degli inceneritori, studi che hanno visto anche
il riconoscimento di Nobel come Richard Smalley.(Il curriculum dei due
scienziati è comunque facilmente reperibile in internet e sul sito del
laboratorio www.nanodiagnostics.it)Improvvisamente però,
pare che i due scienziati non siano più in grado di lavorare al meglio per la
mancanza di uno strumento fondamentale per le loro ricerche: un potentissimo
microscopio che “è dovuto tornare, chissà perché, al CNR” sostiene il dott.
Montanari. A questo punto, piuttosto che rallentare o, peggio ancora, stoppare
ricerche così importanti per la salute dell’uomo -per qualsiasi uomo-, è nata
immediatamente una spontanea gara di solidarietà finalizzata all’acquisto di un
analogo potente microscopio indispensabile per gli studi sulle nanopatologie e
prevenzione dei tumori.
Una gara che è stata lanciata da Beppe Grillo e che ha il proprio centro
d’azione a Reggio Emilia. Il collettore nazionale sarà infatti la Carlo
Bortolani Onlus nata nel 2002 in memoria di Carlo Bortolani.Da oggi si cercherà
di raccogliere da generosi donatori italiani 550.000 euro: questo è infatti il
costo del microscopio necessario ai due scienziati per poter proseguire nelle
proprie ricerche.Chi intendesse aderire alla sottoscrizione attraverso il
versamento di un contributo economico (ricordando che potrà beneficiare della
detrazione fiscale) potrà farlo sul Conto Corrente Bancario n. 513111,
intestato ad Associazione Carlo Bortolani Onlus presso Banca Etica (Sede
centrale di Padova), ABI: 05018, CAB: 12100, CIN: J, IBAN:
IT45J0501812100000000513111, Codice BIC: CCRTIT2T84A oppure tramite carta di
credito e attraverso il servizio - gratuito e sicuro - di Pay Pal
(www.paypal.it). In questo caso il donatore non dovrà pagare alcuna
commissione. Basterà indicare come destinatario del versamento l’indirizzo di
posta elettronica onluscarlobortolani@reggionelweb.it
.Il primo sottoscrittore è stato Beppe Grillo che ha versato l’incasso di una
serata di spettacolo al Palapanini di Modena avvenuto recentemente.”Un’altra
iniziativa -che non ha colore politico- in difesa della vita nel ricordo di
Carlo Bortolani, perché va difesa la vita di tutti: del non abbiente, del
condannato a morte, del concepito, del bambino, della donna, dell’anziano,
dell’immigrato del portatore di handicap e di chi ha il diritto ad avere
tutelata la propria salute”.
Nelle foto dall’alto:
1)Beppe Grillo fra i due scienziati Montanari e Gatti. 2) Beppe Grillo, la
Presidentessa della Onlus Marina Bortolani, Stefano Montanri