LATIFONDISMO ARMATO
Da Rebellion
Pare incredibile: uno dei
latifondisti più grandi del mondo è il Pentagono. Secondo cifre ufficiali del
2005, le sue 737 basi militari in tutto il mondo sommate a quelle che possiede
nel proprio territorio occupano una superficie di 2.202.735 ettari.
Questi
dati figurano nella “Base Structure Report (www.defenselink.mil)” , un’inventario
annuale del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti che registra la
proliferazione di tali basi a partire dal 2002. Il colonialismo pria. Consisteva
nell’occupazione militare di paesi interi. Adesso no.
Lo storico Chalmers
Johnson segnala in “Nemesis: The Last Days of the American Republic (Metropolis
Books, 2007)” che le cifre del BSR non includono le 106 guarnigioni statuitensi
installate in Irak e Afganistan dal maggio 2005 né quelle costruite in Israele,
Quasar, Kirghizistan e Uzbekistan. Nemmeno quelle che le truppe nordamericane
condividono con truppe locali in Turchia, di proprietà del governo di Ankara, ma
solo basi di proprietà nordamericana.
Neanche la maggioranza di quelle che in
Gran Bretagna si dedicano allo spionaggio delle comunicazioni mondiali: il loro
valore ammonta a 5000 milioni di dollari e stanno convenientemente in usufrutto
alla Royal Air Force. O l’enorme base di Camp Bondsteel in Kosovo, edificata nel
1999 da una sussidiaria dell’Halliburton che si occupa della sua manutenzione.
“Se il conteggio fosse onesto – sottolinea l’autore -, la dimensione reale
nostro impero militare probabilmente ammonterebbe ad alcune migliaia di basi
all’estero, però nessuno – nemmeno il Pentagono – coosce il suo numero
esatto.”
Un velo denso avvolge le operazioni come lo spostamento
dell’armamento nucleare e Johnson cita un’autorità in materia, il colonnista su
tematiche militari del Los Angeles Times, Wlliam Arkine, che ha scritto che la
Casa Bianca viola le obbligazioni imposte dai trattati tra Stati: “Gli USA
mentono a molti dei suoi alleati più vicini, compreso i membri NATO, sui suoi
disegni nucleari. Decine di migliaia di armi nucleari, centinaia di basi e
decine di navi e sottomarini esistono in u mondo segreto speciale, senza
giustificazione militare razionale e nemmeno con fini di contenimento”. La
costruzione di un’impero offre questi e altri dettagli.
Gli USA hanno
dispiegato silenziosamente circa 5.000 effettivi alle frontiere con la
Giordania, Irak e Siria, cosa che non impedisce di dichiarare al re giordano
Abdullah II che non ci sono né truppe né basi nordamericane nel paese. Prima
della ritirata dell’Arabia Saudita nel 2003, la Casa Bianca ha negato con
persistenza che manteneva una flotta di bombardieri B-52 riconoscibili a vista
per le loro dimensioni stazionati a Jeddah, di fronte al Mar Rosso. “Mentre i
burocrati militari continuano a sostenere la cultura del segreto per proteggersi
da loro stessi, nessuno saprà la vera latitudine della nostra rete mondiale di
basi, nemmeno qualcuno dei rappresentanti eletti dal popolo statunitense”.
Nemesis, il libro dal quale si estraggono queste citazioni, è l’ultimo di ua
trilogia che svela le trame della politica estera di W. Bush e dei suoi
accoliti. Il suo autore è un personaggio particolare.
Storico e accademico
brillante, riconosciuto non solo negli USA, Chalmers Johnson ha servito come
tenente nella marina a inizio degli anni 50 ed è stato consulente della CIA nel
periodo 1967-73. Si occupava dell’URSS e degli altri paesi del socialismo reale:
“Sono stato un soldato della Guerra Fredda – affermò in una intervista che
concesse a TomDispatch.com, sito del National Institute di New York (19/02/07).
Mai ho avuto dubbi. Credevo che l’URSS fosse una vera minaccia. Lo continua a
pensare”. Ed ha anche confessato: “Il problema è che io sapevo troppo del
movimento comunista internazionale e non abbastanza del governo degli Stati
Uniti e sul suo Dipartimento di Difesa… guardando indietro, magari mi sarei
unito al movimento contro la guerra (Vietnam). Con tutta la sua ingenuità e
turbolenza, aveva ragione e la politica statunitense era sbagliata.”
Cifre
sempre del Pentagono indicano che possiede 32.327 fortini, hangar, ospedali e
altri edifici nelle sue basi all’estero e che affitta inoltre 16.527
installazioni. Durante l’anno fiscale 2005-06, quasi 200.000 militari e un
numero eguale di impiegati e funzionari civili del Pentagono sono stati
impiegati in enclaves in territorio estero e vennero contratte assunzioni per
80.000 persone di diversi paesi, un mezzo milione di persone in totale per
essere brevi.
Chalmers Johnson pensava che il collasso dell’Unione Sovietica
nel 1991 risultava inutile l’alto numero di truppe statunitensi in Germania,
Italia, Giappone e Corea del Sud. Lo studio della realtà gli ha mostrato
un’altra cosa: a fine degli anni 90 e due anni prima gli attentati del’11/09, “i
neoconservatori dispiegarono la loro grandiosa teoria che l’unica superpotenza
doveva adottare apertamente un ruolo imperialista, comprensivo operazioni
militari preventive e unilaterali, l’imposizione della democrazia all’estero a
punta di pistola, la neutralizzazione di qualsiasi paese o blocco di paesi che
possano sfidare la supremazia militare USA e la visione di un Medio Oriente
democratico che ci fornisce di tutto il petrolio che vogliamo”. Pare non sia
facile.