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Visti per Voi » Departures  
DEPARTURES
di Enrico Gatti
 
Regia Yojiro Takita
Giappone, 2008
Voto 10

 

Scrivendo recensioni mi capita spesso di dover arrivare al giudizio definitivo mediando fra sensazioni personali ed una valutazione il più possibile oggettiva. Poi ci sono film come Departures, che unendo perfezione formale e coinvolgimento emotivo allontanano la necessità di tale compromesso. Premiato agli Oscar 2009 come ‘Miglior film straniero’, questo gioiello made in Japan diretto da Yojiro Takita racconta la storia di un giovane violoncellista che lasciato Tokio finisce, praticamente per caso, alle dipendenze di un tanatoesteta nel piccolo paese di campagna dove abitava la defunta madre. Daigo, questo il nome del protagonista, grazie alla ditta Necro Estetica si accosta al mondo del nokanshi in cui le note non sono fatte di suoni, ma di gesti armonizzati a comporre un’antica sinfonia rituale che accompagna il defunto oltre il cancello, alla partenza dell’ultimo viaggio. Nel film i temi della morte e della vita sono affrontati con particolare delicatezza. Il regista mette da parte virtuosismi ed estetiche iperboliche riuscendo al meglio in un'efficace semplicità. Semplicità ritrovata anche nei gesti della pulizia, del trucco e della vestizione che, ricordando la quotidianità della vita, aiutano a prolungare l’addio trattenendo il defunto il tempo necessario ad un’ultima dimostrazione d’affetto. Nel film come nel rito, il tempo acquista fondamentale importanza ed è in questa dimensione che la musica gioca un ruolo fondamentale. Le note classiche, onnipresenti, nobilitano i gesti del giovane Daigo e dilatano il tempo recuperando, dalle accelerazioni della vita, quella lentezza necessaria per poter elaborare un sentimento e partecipare col cuore alla situazione.
Lo spettatore in tutto questo viene decisamente messo alla prova. Non solo è immerso nel lutto dall’inizio alla fine, ma spesso deve addirittura riderne. Perché è pur vero che la comicità è l’altra faccia della tragedia,ma ridere con gli occhi pieni di lacrime è da schizofrenici. Questo è quello che si prova guardando un film che con umanità e rispetto riesce a strappare sorrisi su un evento tragico e grottesco come la morte (e in generale l’intera vita). Sempre la morte infine studiata come catarsi, dalle sovrastrutture religiose e culturali (il nokanshi è un rito laico) e dai rancori passati. La grandezza della perdita e l’uguaglianza nella fine lasciano crescere la compassione su cui verrà innalzato il perdono ultimo, necessario per vivere senza rimorsi. Fare i conti col passato sarà anche il destino del giovane Daigo quando arriverà un’inaspettata rivelazione riguardo quel padre che lo aveva lasciato quand’era bambino.
Un film intelligente, calibrato, purificato da inutili abbellimenti stilistici ai quali preferisce una ricchezza poetica piena di musica e bellezza. Personaggi veri e credibili, inquadrature limpide e tante anime in perfetta sincronia che lasciano questo mondo su ali bianche di cigni sospinti dall’affetto che in nessun caso può essere negato.

 


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