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Visti per Voi » Il cigno nero  

IL CIGNO NERO (Black Swan)

di Federica Lanna


REGIA: Darren Aronofsky
ATTORI PRINCIPALI: Natalie Portman, Mila Kunis, Winona Ryder, Vincent Cassel
ANNO: 2010
GENERE: thriller psicologico
DURATA: 103 minuti

“Cigno Nero (Black Swan)” racconta la storia di Nina (Natalie Portman) , una ballerina di grande talento che viene scelta dal direttore artistico della sua compagnia di ballo, Thomas Leroy (Vincent Cassel) , per interpretare la Regina dei cigni nello spettacolo d’apertura della nuova stagione, parte così ambita da gettarla in un vortice di dubbi, di frustrazioni e sospetti. Ne “Il lago dei cigni” Odette, una principessa, trasformata in cigno da Rothbart, un mago cattivo, potrà liberarsi dalla maledizione che la imprigiona solo se il suo principe le farà un giuramento d’amore eterno; ma il perfido mago fa in modo che il principe si invaghista di Odile, figlia di Rothbart e sosia di Odette. Odette  ferita nel corpo e nell’anima pone fine alle sue sofferenze lanciandosi da uno strapiombo. Nel film viene a crearsi un parallelismo fra Odette morente, a causa della gemella cattiva, e Nina sempre più fisicamente e psichicamente fragile. Lungo tutto il film si percepisce la sofferenza di una etoile vista dagli altri e da se stessa ancora come una bambina prodigio, tecnicamente impeccabile, arrendevole e pudica, ma incapace di essere sensuale, tentatrice e lasciva, incapace quindi di essere perfetta nel ruolo del  Cigno nero. Nina è davvero il Cigno bianco, Thomas Leroy, il direttore artistico, mente o si inganna: in lei non ci sono la malizia e la determinazione del Cigno nero; Nina tenta di fare emergere questo alter ego che dovrebbe assomigliare tanto a Lily (Mila Kunis) , una nuova arrivata, dai modi maliardi. I mille pupazzi della sua camera rosa da principessa delle fiabe, la madre che la veglia mentre dorme, il corpo sempre più sottile e più simile a quello di una bimba, sono troppo lontani da quel mondo interiore oscuro a cui viene iniziata in modo troppo violento.  Come Odette è intrappolata nel corpo di un cigno, Nina dovrebbe riuscire ad abbandonare l’età della infanzia, certi tabù (legati per esempio al sesso) e la sua ossessione per la perfezione, ma tutto quello la porta a una rovina precoce. Con estrema difficoltà il Cigno nero, la gemella cattiva, acquisisce corpo e sostanza, ma l’impossibilità di creare un equilibro fra le due parti porta l’una a sovrastare l’altra mettendola a morte. E’ bellissima la scena della danza oscura del Cigno Nero finalmente liberato, pronto a sedurre e con le ali nere a spiccare il volo, ma la disperata passione del finale è solo il risultato  dell’annullamento di Nina, della morte del Cigno bianco che agonizza sul palco e poi si lascia cadere. La morte del Cigno bianco si porterà con sé Nina, ma anche il suo alter ego a prova della sua inconsistenza, del suo essere un incubo vomitato dalla sua anima. Darren Aronofsky (Requiem for a dream, L’albero della vita) è da sempre un regista che ama sondare la mente e l’animo umano liberando i suoi fantasmi e i suoi sogni; in “Il cigno nero” questa volontà del regista si ripercuote sullo spettatore dolorosamente, nella vista delle gambe di Nina che si spezzano, nelle dita dei piedi attaccate l’una all’altra, dello specchio che riflette l’immagine moltiplicata di una Nina scheletrica. Aronofsky sembra volere sottolineare ogni volta come noi stessi siamo la nostra prima fonte di felicità e di disperazione, la nostra primaria risorsa di forza e di debolezza; come dice Leroy a Nina: l’unica persona che può ostacolare il tuo cammino sei tu ( “the only person standing in your way is you” ).

13/02/2011

 

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