RETE
28 APRILE
Il
governo riparte con l’attacco all’articolo 18. La complicità
nazionale tra governo e imprese, auspicata dal ministro del Welfare,
c’è già tra governo e Confindustria ai danni del
mondo del lavoro
Roma,
17 luglio 2008
Con
gli ultimi emendamenti al Decreto 112, il governo annuncia e avvia
l’attacco per realizzare la piena libertà di licenziamento.
Infatti
viene modificata la normativa sui contratti a termine che imponeva
alle aziende di assumere i lavoratori a tempo indeterminato, nel caso
in cui fossero violate le norme sulle causali o si superassero i 36
mesi di lavoro a termine. Per il governo, da ora in poi, basterà
un risarcimento da 2,5 a 6 mensilità al posto dell’assunzione.
E’ la stessa misura di un progetto di legge che un esponente del
governo ha presentato in Parlamento. In esso si chiede di dare alle
imprese la possibilità di sostituire la reintegra del posto di
lavoro per i licenziamenti ingiusti con un risarcimento economico.
Riparte così l’attacco all’articolo 18 dello Statuto dei
lavoratori.
L’attacco
sulla libertà di licenziamento si aggiunge a una lunga serie
di modifiche delle normative esistenti, a favore delle imprese
peggiori e ai danni della qualità e dei diritti del lavoro.
Ultima tra queste misure quella che concede 5 giorni alle imprese
prima di denunciare il rapporto di lavoro appena instaurato.
Lasciando così la possibilità agli imprenditori più
spregiudicati di evitare danni nei casi di infortuni sul lavoro
avvenuti con il lavoratore appena assunto.
Queste
norme, assieme a quelle sugli appalti, sull’assunzione, sugli orari
di lavoro, rappresentano una scandalosa demolizione dei diritti e
della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori e sono la
dimostrazione che la complicità nazionale tra imprese e
lavoro, auspicata dal ministro del Welfare, è in realtà
una vergognosa complicità tra governo e Confindustria ai danni
del mondo del lavoro.
Di
fronte a tutto questo non c’è alcuna possibilità oggi
di un accordo sindacale dignitoso tra sindacati, governo e la
Confindustria, perché mediare con queste scelte sarebbe un
danno incalcolabile per tutte le lavoratrici e i lavoratori.