GESTIRE L’IMPERO
Boris
Economia stagnante, inflazione, deflazione, paralisi
degli investimenti. In poche parole, Italia in declino.
Crisi del sistema, necessità di cambiare,
opposizione irresponsabile, l’Europa che affondando ci trascina. W la lira …..
Queste ed altre sono
le parole che riecheggiano sui giornali di destra e di sinistra, da quelli
economici a quelli di costume. Tutto sembra confondersi e termini ed
espressioni che solo alcuni anni addietro avrebbero fatto urlare al pericolo,
alla mobilitazione, oggi sembrano non avere più senso.
Ma ecco comparire e far un po’ di chiarezza lui:
Luca Cordero di Montezzemolo non solo per gli amici ma per tutti. Da Cernobbio
a Maranello passando per Torino un uomo che in nome di Confindustria lancia
l’allarme: la nostra economia non ce la fa più. “E’ necessario che le forze
politiche la smettano di litigare tra loro e che guardino al più presto ad
attuare riforme radicali. Un'unica via percorribile: riduzione del costo del
lavoro (legasi tagli allo stato sociale) per un nuovo rilancio degli
investimenti.”
Ed ecco svegliarsi come d’incanto, gli sciacquini di
turno e i giullari di corte. Chi a difendere e chi ad attaccare. Come in una
sorta di rappresentazione teatrale dove purtroppo però gli attori principali, siedono
in entrambe le Camere.
Purtroppo, non sono bastati i dati del Fondo
Monetario Internazionale o della Banca Centrale Europea, a svegliare dal
torpore il nostro paese di fronte ad una crisi che ormai da anni sta
progressivamente consumandoci.
Non c’è che dire, il duo Montezzemolo-Provera non
scherza, al contrario del Centro Sinistra che rimane intrappolato tra
urgentissime primarie e la paura di intervenire seriamente, per uscire da
questo pantano. Un silenzio certamente tattico volto ad impedire il rischio di
scatenare una “guerra in famiglia”. Una guerra elettoralmente non conveniente.
Pensiamo solamente, alla discussione scatenatasi
intorno al riconoscimento delle coppie di fatto. Certo, nel caso di una vincita
del Centro Sinistra, forse riusciranno a farsi riconoscere i loro diritti, ma a
noi interesserebbe anche sapere preventivamente con quali soluzioni economiche
il nuovo governo riuscirà a garantirgli un degno futuro.
Credo sia giunto il momento di dire qualcosa di
sinistra, direbbe il povero Moretti condannato a girare in Vespa con il suo
Diario in mano, alla ricerca di una risposta all’amletico dubbio: “Essere di
sinistra significa mandare a casa Berlusconi, o altro?…”
E allora diciamola, questa cosa di sinistra!
La Confindustria, sta chiedendo quello che sta alla
base del loro sviluppo. Stabilità politica
e massima libertà di movimento economico e finanziario.
Una libertà di movimento che, data la futuribile
scarsità delle materie prime causata anche e non solo dall’ingresso massiccio
nel mercato mondiale della Cina, rilancerà a breve in l’Europa una nuova
“campagna di conquiste”.
Una stabilità quindi, che dev’essere garantita da
una classe politica e dirigenziale adatta alle sfide che i mercati
internazionali ci chiedono. Una sfida che la Casa delle Libertà non ha saputo
garantire.
Non è infatti un caso che sia stato eletto
Montezemolo al vertice di Confindustria. Un’elezione che decretava l’esclusione
di D’Amato, ovvero la parte più reazionaria, dai massimi vertici di
Confindustria.
Troppi sono gli interessi da difendere. Soprattutto
quelli famigliari. E troppe sono le riforme importanti da portare avanti. Da
quella del lavoro, a quello dello stato sociale. Riforme che possono passare
indolore, solo grazie ad un governo di Centro Sinistra. Il pericolo è che nel
nostro prossimo futuro, non c’è un’altra Alfa Romeo da regalare alla Fiat ma la
necessità di sapere dove e come gestire le espulsioni legate alla sua
ristrutturazione.
Questa politica dei vertici di Confindustria nei
confronti delle coalizione di Centro Sinistra, è chiaramente riscontrabile
negli editoriali e dagli articoli di fondo del sole 24 ORE o da Radio24 dove
per esempio come d’incanto, è ricomparso l’illustre “scomodo” Santalmassi,
cacciato con infamia tempo fa.
In questo contesto, anche la vicenda che ha visto
coinvolto il Presidente della Banca d’Italia, rientra in quest’ottica. Fazio
rappresenta la vecchia classe economica democristiana, quella dei Cuccia, che
non ha nessun intenzione di aprirsi al mercato internazionale senza un’adeguata
protezione.
Posizione questa chiaramente espressa in un articolo
riportato su
The Independent, in Gran Bretagna di alcuni giorni fa.
“Solo tre cose funzionano in Italia, si diceva un tempo: la
chiesa, la mafia e la Banca d'Italia. La decadenza della banca centrale
italiana si può misurare sul diverso comportamento dell'istituto nel caso
Antonveneta e nel crac del Banco Ambrosiano. Le due vicende hanno alcuni
aspetti in comune: in entrambe ha un ruolo importante, direttamente o indirettamente,
il controllo del più influente quotidiano italiano, il Corriere della Sera. E
in entrambe è stata messa a nudo l'eterna divisione tra due Italie, quella
cattolica e allineata con il Vaticano, e quella "secolare (…) Antonio
Fazio è un cattolico devoto, e fino a oggi il suo più grande difensore è stato
l'Osservatore Romano, il quotidiano del Vaticano”.Da qui il forte imbarazzo e
la ciondolante posizione nella vicenda di Berlusconi e di tutti gli esponenti politici della sua
maggioranza. Per non parlare di parte di Confindustria e del Centro Sinistra.
In pratica a distanza ormai di otre dieci anni dalla
morte della fatidica Prima Repubblica, ci troviamo ancora una volta a dover
rischiare di far rimpiangere a parte del popolo italiano la scomparsa della
povera Democrazia Cristiana.
Da qui la disperazione della maggioranza di governo,
in particolare di Alleanza Nazionale e Forza Italia. Una disperazione ceca che
annaspando tra la volontà di voler modificare la legge elettorale e la rinomina
di Tremonti a Ministro del Bilancio, identifica il declino ormai irrefrenabile
di questo governo.
In verità, tutte le forze politiche della coalizione
sono consce, alla luce del risultato ottenuto nelle passate amministrative, che
sarebbe stato meglio indire nuove elezioni. Ma sono anche comunque consapevoli
che andare oggi ad elezioni anticipate, con gli attuali disequilibri interni,
significherebbe andare dritti a una vera e propria sconfitta, di cui nessuno ha
intenzione di assumersene la responsabilità.
Per questo mai come ora, credo sia giunto il
momento, per un’opposizione che si rispetti, di dare la spallata decisiva a
questo governo. Non basta andare in parlamento a chiedere le dimissioni.
Bisogna che l’opposizione chiami alla mobilitazione tutte le forze democratiche
di questo paese; ritiri i propri parlamentari da entrambe le Camere e dichiari
lo sciopero generale. Uno sciopero generale caratterizzato da una forte
presenza nelle piazze che duri sino a quando non vengano annunciate nuove
elezioni.
Certamente non siamo in Ucraina ma un’opposizione
che in occasioni come questa non mobilità il popolo, rischia di apparire come
quella parte politica del paese che ha paura dei movimenti o ancora peggio, di
non potere o non voler mantenere ciò che è stato richiesto o promesso.
Mi rendo conto la “globalizzazione dei mercati”
richiede a chi vuole governare, di impedire che i popoli contino ma, mi spiace
doverlo ricordare all’Opposizione di Sinistra che così si rischia di uccidere
la democrazia; unico vero antidoto contro le sopraffazioni e le barbarie.