LE BOMBE SUL PAESE
DEI CEDRI
Flavio Novara
Di nuovo guerra. Il Libano è di nuovo in fiamme.
Erano passati ormai
diversi anni dall’ultimo conflitto deciso e a parer israeliano, risolutore.
Un intervento energico e punitivo concluso con il massacro di donne e bambini
nei campi profughi di Sabra e Shatila. Un massacro operato il settembre del
1982 dalle truppe israeliane e falangisti libanesi. Un infanticidio questo
che come tutte le stragi di guerra, nulla ha risolto e nulla ha insegnato ad
entrambe le fazioni.
Lo scrittore libanese Youssef Bazzi sul sito di
cultura araba Babelmed, scrive:
”Siamo stati di nuovo azzerati. Quello
che avevamo realizzato in un anno è sparito in un giorno, ciò che avevamo
fatto in questi ultimi dieci anni, è stato distrutto in un' ora. Tutti i
nostri sacrifici per liberare la nostra terra sono andati in fumo, per
niente. Ed eccosi prigionieri, messi a ferro e a fuoco. Siamo precipitati di
nuovo nella fornace dei saccheggi e dei bombardamenti, trascinati nel caos e
nell’ anarchia…”
Difficile, in tutta questa vicenda, purtroppo solo
all’inizio, credere che dietro a tutto questo vi sia solo la ritorsione di
Israele contro gli Hezbollah rei di aver rapito due loro militari di Tsahal.
La partita che si sta giocando in quell’area è assai più grande.
Una partita condotta altrove le cui spese ancora una volta
vengono scaricate sulla popolazione libanese.
Dato l’escalation degli
avvenimenti, si può tranquillamente affermare, che negli ultimi due anni il
Libano ha visto sul suo territorio giocarsi, a più riprese, un sotterraneo
conflitto diplomatico volto a rivendicare una nuova possibile influenza
politica su quell’area. In particolar modo tra Iran e Siria da una parte, e
Stati Uniti e Israele dall’altra. Figlia di questa lotta intestina, si
identifica l’ allontanamento delle truppe siriane dal Libano, richiesta a
furor di popolo poco dopo l’attentato che ha provocato la morte del loro
premier “riformista” Rafiq Hariri. Il tutto avveniva proprio in
concomitanza con l’aumento, nello scacchiere internazionale, delle tensioni
tra Stati Uniti e Iran sulla questione degli armamenti atomici.
In
questo “faccia a faccia” va aggiunto la vittoria di Hamas nei territori
palestinesi che insieme agli Hezbollah in Libano, rappresentano le principali
organizzazioni, ora governative, che negano il diritto all’esistenza di
Israele. Organizzazioni politiche che, è bene sottolinearlo, hanno ricevuto
democraticamente dal loro popolo, la legittimità di governare in Palestina o
di far parte, con due ministri, del neo governo Libanese.
Per questo
motivo non possiamo escludere il ruolo fondamentale svolto dall’Iran e Siria,
per fomentare ed aumentare la pressione su Israele attraverso il rilancio di
una politica azionista e offensiva, esercitata direttamente dai gruppi
integralisti di Hamas e degli Hezbollah. Guarda caso entrambi hanno operato
contro Israele attraverso il rapimento di loro militari. Stessa strategia per
un unico obiettivo?
Una tale decisione infatti non può essere presa
autonomamente da un partito integralista. Le grandi decisioni di tale
portata, possono essere prese da una grande autorità religiosa sciita come il
walih al-fakih guida della rivoluzione iraniana e ampiamente riconosciuta
degliHezbollah.
Non sappiamo con certezza se tutto questo sia
attendibile. Certo è, di contro, che sicuramente Israele con la sua politica
distruttiva, non sta aiutando a calmare la situazione. Non dimentichiamo
che precedentemente a questi fatti, fu proprio il governo israeliano
a rifiutare il riconoscimento del neo governo palestinese. A continuare le
incursioni nei loro territori e a rapire direttamente nelle loro case,
parlamentari ampiamente riconosciuti dal loro popolo.
Purtroppo ancora
una volta il governo sionista non ha tenuto conto che, come avvenuto in
passato, il bombardamento del Libano non farà altro che alimentare e
rafforzare il consenso degli Hezbollah nel paese. Altro non può
avvenire soprattutto quando ad essere distrutti sono le infrastrutture
civili come porti, centrali elettriche e interi paesi e quartieri
libanesi.
Incursioni che lasciano inesorabilmente sul terreno, ingenti
perdite civili.
La situazione in Libano, forte della sua storia
passata e dallo sforzo fatto in questi ultimi anni per uscire dalla morsa del
conflitto israelo-palestinese, è molto grave e bene sarebbe che la
comunità internazionale se ne prendesse carico al più presto. In gioco non
c’è solo il Libano ma le ripercussioni sull’atteggiamento tenuto dal
popolo arabo moderato in Cecenia come in Iraq, in Palestina come in Iran o
in Siria come in Egitto. Poco importa se paesi arabi come
l’Arabia Saudita, la Giordania o l’Egitto abbiano per la prima volta
condannato immediatamente l’operato degli Hezbollah. Organizzazione
militare integralista che in tutta autonomia dal governo libanese ha deciso
di fare giustizia, mettendo così in ostaggio non solo i due
militari israeliani ma tutto il Libano stesso.
“Ci stanno punendo.”
continua Youssef Bazzi “La protezione internazionale e la legalità ci sono
negate perché siamo incapaci di controllare le nostre frontiere. Ancora una
volta non meritiamo né sovranità né indipendenza, né uno stato. Poco importa
il prezzo che abbiamo già pagato. Non abbiamo voluto diventare come
Hanoi e non saremo mai Hong Kong. Siamo a un passo dall’essere Gaza e sul
punto di diventare una Somalia o un altro Iraq. Hanno distrutto
un’economia che avevamo rimesso in piedi in quindici anni. E tutto questo
distruggendo i nostri sogni e la nostra vita quotidiana” .
23/7/06