UNA FINANZIARIA NEL PAESE DEI BALOCCHI
Flavio Novara
Parlare di finanziaria non è facile. Non solo perché il
testo è costantemente modificato era, nella prima stesura, di ben oltre le
duecento pagine ma anche perché nel teatrino della politica nazionale le
affermazioni eclatanti o le colorite ritrattazioni si alternano con offensiva
disinvoltura.
La concretezza, infatti, spesso è mescolata o considerata in
ugual modo a semplici provvedimenti che solo in parte, spostano il valore
economico della manovra finanziaria. Dalle possibili esenzioni per infiniti
anni del bollo della macchina in onore del salvataggio della terra, alla più
concreta ma ennesima proposta di gestione differenziata del TFR, gli scenari e
i giudizi proposti dalla stampa nazionale, si alternano tra quelli
“innovatrici” e quelli “conservatori” rispetto al passato governo.
Un’esposizione spesso di parte che non prende in considerazione in modo
radicale il nocciolo fondamentale della vicenda. Qui non si tratta di
schierarsi da una parte o dall’altra dello schieramento. Qui si tratta di
mettere mano ad un bilancio dello stato che da ormai troppi anni verte in
condizioni pietose. Oserei dire gravi. Un malato in fin di vita cui per cinque
anni è stato somministrato volutamente una medicina sbagliata e pericolosa,
annunciando contemporaneamente ai parenti che presto il degente sarebbe stato
dimesso sano e salvo.
Oggi tutto questo va completamente ribaltato. Oggi non è più
possibile consentire a nessuno di pensare, come precedentemente avveniva, che sia
corretto evadere o fare della prevaricazione sociale un credo inappellabile.
Pena il profondo e progressivo declassamento economico.
Da dove cominciare allora?
Quali sono i punti su cui sarebbe necessario lavorare attivamente?
Le manovre finanziarie che nell’arco degli anni si sono
susseguite, hanno sempre individuato come fonte principale di dissipamento
economico, il mantenimento della macchina dello stato e il problema
dell’evasione fiscale. In realtà poco o nulla in questa direzione è stato
fatto. Lo scontro è sempre stato principalmente giocato tra la destra, che con
lo slogan “- stato + privato” nascondeva la volontà di alcuni grandi
ricchi di impossessarsi dei gioielli produttivi del nostro paese e una sinistra
divisa al suo interno tra statalisti e democratici liberali dell’ultima ora,
che sul medesimo principio sognano uno “stato s.p.a.” azionista di
maggioranza. Unico filo conduttore per entrambi, l’intoccabilità di elementi
fondamentali al mantenimento di una rete di conoscenze e di garanzie elettorali.
Credo che il nodo da sciogliere, sia proprio questo.
Ritengo, infatti, che non sia possibile parlare di finanziaria innovatrice
senza porsi il problema dello Stato e del suo ordinamento fiscale.
L’organizzazione dello “macchina stato” rimane la base
fondamentale di rilancio dell’economia del nostro paese. Basta recarsi in
qualsiasi ufficio statale, per rendersene conto. Qui non si tratta di accusare
senza distinzioni gli operatori ma l’organizzazione dirigenziale che spesso non
solo fa male il proprio lavoro ma, continua liberamente a occupare quei posti
per rappresentare solo ed esclusivamente corporazioni legate a organizzazioni
politiche, sindacali e mafiose del nostro paese.
Non è il problema di quanto costa la macchina statale ma di
quanto questa produce, in termini di servizi, ai suoi cittadini. Non è
possibile continuare a mantenere una macchina statale così organizzata che,
dissipando ingenti fondi, impedisce e riduce progressivamente, di finanziaria
in finanziaria, i proventi destinati agli enti locali. Costretti a ridurre gli
investimenti e i servizi ai suoi cittadini o a tagliare senza ritegno, i fondi
destinati alla diffusione della cultura. Fonte principale del mantenimento di
una società civile.
Sono ormai oltre quindici anni che si parla di federalismo
fiscale con salvaguardia del principio di sussistenza, ma nessuna
organizzazione politica ha realmente preso in seria considerazione
quest'ipotesi. Solo in questo modo sarà possibile costringere le regioni ad
applicare una seria politica di risanamento economica e di lotta all’evasione
fiscale, altra grande piaga del nostro paese.
Riprendere da subito un ragionamento più cadenzato, preciso
e innovatore sulla legge Bassanini credo sia un buon punto di partenza. Un
ragionamento che non può sottrarsi dal considerare seriamente anche i danni
provocati dalle privatizzazioni selvagge di questi ultimi anni. In particolar
modo delle municipalizzate dell’energia, fonti strategiche fondamentali per lo
sviluppo economico di un paese.
La lotta all’evasione fiscale non rappresenta solo il
recupero di ingenti fondi non utilizzabili per la comunità, ma anche un dovere
morale e civile verso i cittadini che onestamente hanno da sempre pagato. Un
serio intervento contro l’evasione fiscale, inoltre, non può esimersi
dall'intervenire nella lotta al lavoro nero che nel nostro paese, in particolar
modo in alcuni importanti settori volani d’economia come l’edilizia, sono
diventati ormai una costante tollerata e rassegnatamente accettata. Questo
significa come terzo punto fondamentale per una finanziaria di sinistra ed
alternativa, la presa in considerazione delle problematiche legate al lavoro.
In particolare alla sua sicurezza sociale e fisica. Troppi sono, infatti, i
morti sul lavoro. Per questo, pur riconoscendo a questo governo il varo di una
norma che prevede l’obbligatorietà ai datori di lavoro di assumere il
lavoratore cinque giorni prima che comincino a lavorare effettivamente, ritengo
sia necessario porre all’ordine del giorno dei lavori di questa finanziaria,
l’abrogazione della legge 30. Non serve elargire dei fondi destinati alle
aziende che decidono di assumere a tempo indeterminato. In questo modo non si
tutelano i lavoratori precari, ma si versano fondi nelle casse delle imprese
che comunque li avrebbero assunti perché necessari. Non sono gli incentivi che
fanno decidere questo, ma le necessità produttive dato che per fortuna, non
possono ancora liberamente licenziare.
Non dimentichiamo che a gennaio si parlerà di riforma delle
pensioni, altra grossa patata bollente, non solo per gli equilibri interni alla
maggioranza ma anche per le ripercussioni che questa avrà su tutto il paese.
Cambiare rotta è necessario e farlo in questa direzione
sarebbe certamente un buon inizio. Il rischio se no, è quello di ricordare
questo "Prodi Due" come il governo di quelli che hanno liberato i
delinquenti con l’indulto.